Riflessioni
l’8 marzo per Luigina

Se vado indietro con la memoria mi ricordo di aver conosciuto Luigina a casa di mia sorella. Piccoletta, capelli sempre fatti dal parrucchiere, sempre vestita appuntino, veniva a pulire gli spazi in comune del condominio di mia sorella che un giorno mi chiese di potermela presentare perché questa signora doveva chiedermi un piacere. Io all’epoca mi dedicavo ai doppler degli arti periferici e dei tronchi sovraortici, un doppler semplice, senza “eco”, cioè senza immagini, basato sulla percezione acustica dell’anormalità e per questo, per un anno intero, mi ero recata un pomeriggio alla settimana in un centro a circa 40 Km di distanza perché c’era il più bravo professionista in materia disposto a insegnare la sua arte. Luigina aveva bisogno di fare un doppler venoso agli arti inferiori e non sapeva come fare. Le detti l’appuntamento e mentre mi accingevo all’esame richiesto mi accorsi delle dimensioni del suo collo, la esortai a sottoporsi ad indagini mirate e venne fuori che aveva un gozzo tiroideo normofunzionante.
La mia “brillante” diagnosi mi fece diventare, agli occhi di Luigina, una specie di divinità scesa in terra e cominciò la nostra amicizia quasi quarantennale e, mai e poi mai, mi ha chiamato in modo diverso che “Dottoressa”. Conobbi Bruno, suo marito, due occhi celesti e buoni, silenzioso, ma anche se avesse avuto qualcosa da dire credo che con Luigina non sarebbe riuscito a farlo. Era una donna vulcano, lavorava contemporaneamente in 3-4 posti diversi, mentre Bruno faceva il muratore. All’inizio della loro storia, Bruno, nel tempo disponibile, dopo il lavoro, aveva costruito praticamente da solo la loro casa. Il muratore di una volta sapeva fare tutto, non c’erano specializzazioni, era anche un idraulico, un elettricista, un falegname e la loro casa era davvero calda e accogliente con tantissime piante all’esterno: gerani, rose, ginestrelle, iris etc. Luigina aveva due figli da cui aveva avuto 3 nipoti e, da relativamente poco 3 pronipoti. Voleva molto bene ai figli e ai nipoti. Tutte le feste, i Natali, le Pasque si festeggiavano a casa loro, ma la sua generosità la portava ad invitare tutte le persone che lei riteneva meritevoli e la mia famiglia con altri professionisti ha avuto il privilegio di mangiare le sue leccornie.
Ogni tanto mi telefonava e mi esortava ad andarla a trovare. A me faceva piacere perché trovavo il caffè caldo, il camino acceso, Bruno seduto in poltrona ad ascoltare le nostre chiacchiere e vassoi di torta al testo da congelare e servirsene per ogni occasione. Io di solito passavo in pasticceria e le portavo dei cornetti alla panna. Lei apparecchiava con delle graziosissime tovagliette ricamate, preparava le tazzine, versava il caffè, prendeva il coltello per dividere le paste, a suo dire troppo grandi, ma sistematicamente prima ne mangiava una metà e poi un’altra metà! Parlavamo di tutto, mi raccontava tante cose e mi chiedeva spiegazioni su tutto. Se aveva un problema familiare io diventavo una consulente psicologa, se aveva un problema legale, io diventavo un’esperta giurista, se aveva un problema finanziario, io diventavo un’economista… sottolineava sempre l’importanza dell’istruzione, lei e Bruno non avevano potuto permettersela ed avevano bisogno di essere supportati da saggi consigli. Ovviamente io cercavo di risponderle con un po’ di buon senso, con la conoscenza derivata dall’esperienza di fattispecie analoghe, con il consiglio di recarsi da specialisti del settore.
In realtà lei conosceva molti “specialisti del settore” perché ovunque andava conquistava affetto e simpatia per la sua risata buona, per i suoi occhi limpidi e onesti. Col tempo i nostri incontri diventarono delle vere e proprie sedute di psicoterapia, io le confidavo le mie “tristezze” e lei le sue. Spesso e volentieri era più lei a darmi consigli che io a fornirne a lei il tutto condito da così grandi complimenti che la mia autostima in quelle ore passate insieme cresceva a dismisura. Luigina aveva perso una sorella in età quasi adolescenziale e la madre, in tarda età, ma in modo drammatico. Queste esperienze, tuttavia, non l’avevano intristita, anzi amava la vita e tutto quello che di bello si poteva sperimentare. Un giorno mi portò i suoi nipoti, credo che allora non avessero più di 6 anni, era felice e quei bambini la guardavano con un’espressione rapita!
Poi si ammalò Bruno, diversi problemi di salute che lei sosteneva con dedizione e affetto e Bruno da marito divenne figlio ma Luigina non lo lasciò mai da solo, lo assisteva con amore, chiamava a turno i vari specialisti che seguivano suo marito e che, per ovvi motivi, conoscevano più Luigina che Bruno. Bruno fu ricoverato diverse volte in ospedale e lei era sempre lì, accanto a lui, osservava, curava, reagiva se pensava che qualcosa dovesse essere fatto meglio, parlava, raccontava e dopo pochi giorni tutti conoscevano Luigina e Luigina conosceva il nome e il “carattere” di tutti! Poi Bruno se ne andò, la lasciò sola con il suo sguardo celeste e il suo dolce sorriso che facevano capolino da una cornice elegante nel soggiorno della loro casa. Lei camminava, la mattina camminava molto, io mi recai da lei più spesso e a poco a poco riaffiorarono i ricordi di una bella vita condivisa col suo Bruno, mi fece vedere la foto del loro matrimonio e ne parlava con l’assoluta convinzione che Bruno fosse ancora lì con lei.
I nipoti crescevano ma comunque si recavano sempre da lei e non solo per il torcolo, per la torta al testo, per la ciaramicola, ma anche (come ha ricordato una delle nipoti durante i funerali) per le sue risate: “Nonna, non potremo mai scordarci le tue risate”. Una serie di eventi ha portato Luigina su una strada di non ritorno e, per quanto avesse 84 anni, ha lasciato un vuoto in tante persone, ha lasciato un vuoto dentro di me, la sua semplicità, la sua allegria, la sua capacità di condividere e capire, il suo carattere, la sua vita mi fanno pensare alle parole di Jorge Luis Borges: “Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo” (I giusti di Jorge Luis Borges).