In ricordo di Giannino Piana

Spero di interpretare al meglio, in questo tenero commiato, i sentimenti di quanti hanno condiviso con Giannino Piana un lungo cammino. Era una persona amabile, umanamente e spiritualmente armonica, non orientata soltanto allo studio e alla vita intellettuale, ma aperta nei confronti degli altri; un uomo “sereno e che genera serenità” (come qualcuno l’ha definito), che ha alimentato e si è nutrito di incontri umani arricchenti e fecondi.

Di qui la sua propensione a vivere di amicizie intense, che rendono possibile attuare “quella compagnia nelle vicende umane” che è un ideale a cui tutti aspiriamo.

È così che immagino il rapporto da lui vissuto con grandi figure del nostro tempo, alcune già scomparse – come ad esempio Davide Maria Turoldo, don Michele Do, Adriana Zarri, il filosofo Pietro Prini, o il cardinale Gianfranco Ravasi, Enzo Bianchi, don Luigi Ciotti e tanti altri – persone con le quali ha intrapreso nel corso degli anni dei progetti culturali e spirituali mai disgiunti da un legame di affetto e di stima reciproca.

Tuttavia, questa “compagnia nelle vicende umane” Giannino l’ha realizzata anche con varie persone che conducono un’esistenza ordinaria e che il destino o la provvidenza gli ha via via messo accanto.Mi ha sempre colpito questa sua attitudine a mantenere i legami “ordinari”, a interessarsi dei “normali” compagni di viaggio, a trovare negli altri a tutto tondo (non solo ‘carismatici’, ma anche negli altri ‘feriali’) una ricchezza da scoprire e con cui confrontarsi.

Del resto, questo suo “ecumenismo” nelle relazioni e nelle amicizie, è stato un tratto distintivo anche della sua produzione intellettuale, là dove egli non ha privilegiato la collaborazione (che pure non è mancata) con grandi case editrici o riviste, rendendosi disponibile a rispondere positivamente a tutti gli inviti che gli provenivano dalle varie realtà (anche molto piccole, ma vivaci) della società civile; in ciò fedele all’idea di una disseminazione culturale a “servizio” di molti.

Ma oltre a questo tratto umano, Giannino è stato un grande intellettuale. Un teologo morale con una sua capacità di richiamo e un “suo pubblico”. Non nel senso di un personaggio che mira a far tendenza, propenso a stare sempre sulla scena, ma in quanto figura che ha rappresentato un punto di riferimento altamente qualificato nel suo campo di competenza, in quel settore dedicato e impegnativo rappresentato appunto dalla riflessione sull’etica.

É stato un grande esperto dei temi della bioetica, sulle nuove condizioni del vivere e del morire su cui avrà fatto in questi ultimi anni un grande e sofferto esercizio di autocoscienza. Ma ha sempre dato grande risalto anche ai temi dell’etica sociale e pubblica, lanciando di recente vari warning circa la necessità di “rimanere umani”, di “non smettere di essere umani” in un’epoca densa di squilibri, di tsunami ambientali e finanziari, di uno sviluppo economico e tecnologico che può produrre scarti umani; e ancora in un periodo storico segnato da esperienze pandemiche, intriso di ideologie sovraniste, in cui si consuma (come denuncia da tempo il Papa) una terza guerra mondiale a pezzi che è sotto gli occhi di tutti.

Ecco, su questi temi ho sempre percepito Giannino Piana come un intellettuale vigilante, che ci richiama tutti (in primis i politici) al senso di responsabilità. Siamo tutti in qualche modo responsabili o partecipi delle cose (grandi o piccole) che accadono nella società e nel nostro intorno immediato.

Con Giannino Piana se ne va anche un pezzo della nostra storia di rivista, di casa editrice, di confronto bello e alto transitato per decine di corsi di studi cristiani. E tuttavia quello che resta del suo insegnamento, della sua finezza umana, della sua profondità teologica e culturale è un patrimonio che cercheremo di custodire con cura. Nei prossimi numeri torneremo sui temi assai complessi e sensibili, sui quali il suo pensiero si è mosso con chiarezza ed equilibrio lungo la strada di una antropologia e di una teologia morale responsabili e liberanti. Temi che riguardano concretamente la vita e la morte delle persone, la famiglia e l’individuo, i diritti e i doveri sociali e quelli civili. Temi sui quali è facile scivolare nelle opposte derive del moralismo che incatena e del lassismo che rompe ogni legame. In questo groviglio di questioni la presenza e la forza mite di Giannino Piana è stata un punto di riferimento solido e rasserenante. Lo abbiamo sentito per l’ultima volta solo qualche giorno prima della sua morte. Telefonò per sincerarsi che il suo articolo che compare su queste pagine e che riguarda la complessità della condizione giovanile nella nostra società, fosse giunto in redazione. Con lui, nel corso di una lunghissima collaborazione, abbiamo sentito una sintonia profonda, un affetto intenso, e tante volte ci siamo commossi in questi ultimi, difficili anni di malattia dello scrupolo e della puntualità con cui si è preoccupato di far pervenire i suoi contributi sempre accurati e chiari. Coraggiosi, argomentati ed appassionati insieme. Per noi è stato maestro, amico e fratello di una fede mai separata dalla pasta delle vicende umane. Giannino ci ha insegnato ed accompagnato a cercare risposte che, a partire dalla nostra coscienza e nella compagnia delle donne e degli uomini del nostro tempo, potessero tessere la trama di un’etica condivisa dentro il pluralismo delle nostre società. Ancora nell’articolo in uscita individuava, non per caso, nel metodo con cui l’Italia del dopoguerra si è data una Costituzione a partire da sorgenti culturali e politiche diverse, il paradigma su cui ricostruire un tessuto sociale e civile coeso e solidale. Grazie Giannino della tua fedeltà, della tua amicizia, della tua gentilezza. Rocca, i suoi collaboratori e i suoi lettori non ti dimenticheranno.
La Redazione