Il teatro che fa diventare grandi

Micro Teatro Terra Marique, con sede a Perugia, sta portando avanti due progetti che innovano le metodologie dell’educazione e dell’integrazione sociale nella regione Umbria

Nella piccola Umbria, una piccola compagnia dal nome curioso e promettente – Micro Teatro Terra Marique (MTTM) – sta portando avanti due progetti di rinnovamento culturale pensati per i più piccoli e per gli abitanti dei piccoli centri della regione.

Tutto in piccolo ma per un grande obiettivo: “Fate School” e “Ogni centro è il centro del mondo”, questi i nomi dei due progetti, non solo arricchiscono il panorama artistico regionale, ma si impegnano a trasformare il teatro in uno strumento di apprendimento e crescita personale per i giovani e farne un mezzo per potenziare le competenze sociali e culturali di diverse fasce di età e di comunità.

Il microteatro, format che sta guadagnando sempre più popolarità, è un’esperienza teatrale unica che mette al centro il contatto diretto degli attori con il pubblico. La sua filosofia si basa, infatti, sulla vicinanza tra attori e spettatori che si traduce in una forte interazione e coinvolgimento emotivo. In questo tipo di spettacolo, gli attori non hanno un palcoscenico tradizionale e si mescolano agli spettatori, creando un’atmosfera intima che li fa sentire parte della rappresentazione.

Su tale tipo di esperienza si fonda l’attività di Micro Teatro Terra Marique, che è tante cose in una. È un’associazione di promozione sociale, centro culturale, centro studi e di formazione, residenza artistica, compagnia teatrale, casa editrice e discografica. Per saperne un po’ di più abbiamo incontrato l’ideatore e direttore artistico della compagnia Claudio Massimo Paternò.

Visione e ispirazione

Qual è stata l’ispirazione alla base della creazione di Micro Teatro Terra Marique e dei suoi progetti come ‘Fate School’ e ‘Ogni centro è il centro del mondo’?

Micro Teatro si è sempre rivolta al sociale, sia con i suoi progetti che con i suoi spettacoli. Crede che il Teatro debba riprendersi un ruolo importante nell’educazione della “polis”, catalizzando i contrasti e promuovendo la catarsi della comunità. Chi assiste ad un nostro spettacolo o è coinvolto in un nostro progetto di formazione trova non solo una relazione semplice e diretta all’interno della quale condividere i propri punti di vista, ma anche un luogo amico dove poter essere se stesso.

Impatto educativo

In che modo ritiene che il teatro possa influenzare l’educazione e lo sviluppo delle competenze trasversali nei giovani?

È innegabile che è sempre più necessario rafforzare le competenze sociali dei ragazzi. Il teatro inteso come “educazione alla relazione” è un ambiente che potenzia questi aspetti cruciali per la crescita: rafforza la conoscenza di sé e l’autostima; sviluppa le proprie peculiarità e l’attitudine a risolvere problemi; costituisce un luogo/non luogo in cui ci si deve confrontare con l’altro, esprimendo il proprio punto di vista; è un tempo che ti “sprona” ad agire e pensare. Tuttavia, il teatro è anche un contesto che non pretende la prestazione e la competizione, include tutti, valorizza le differenze e incentiva il pensiero critico. Il teatro, ritengo, è un laboratorio di umanità, una scuola in cui i giovani possono far pratica di vita.

Inclusione sociale

Come si assicura che i progetti siano inclusivi e accessibili a tutti, in particolare alle fasce più vulnerabili della società?

Circoscrivo questo discorso, ancora una volta, ai giovani, perché la loro vulnerabilità sta nel fatto di essere, per la loro età, ancora molto influenzabili. Ma il discorso è estendibile a tutte le fasce di età. Una volta la famiglia era il principale modello a cui ci si riferiva; altri modelli erano le associazioni, gli oratori. Oggi i modelli principali sono ricercati nella rete e gli effetti devianti di questo mutamento di punti di riferimento, sono visibili a tutti. Spetta alla “polis” mettere in campo nuove strategie che possano invertire questo processo. Sicuramente dare la possibilità al teatro di entrare con maggior continuità nei percorsi educativi della scuola fin dall’infanzia sarebbe una sfida e allo stesso tempo un modello da perseguire. Già in molti paesi nel mondo il teatro è presente come materia curriculare ed io stesso dirigo un insegnamento annuale, equiparato alle altre materie, in tutte le classi di un liceo in Toscana. Dopo 5 anni di lavoro i risultati sono molto incoraggianti e i ragazzi, non ossessionati dal risultato, hanno lo spazio di esprimersi. Gli strumenti normativi per sperimentazioni del genere ci sarebbero, chiaramente mancano le risorse. Per il momento, tuttavia, basterebbero azioni di formazione con lo scopo di far maturare in tutti gli attori in campo (famiglie, docenti e operatori teatrali) una visione differente del laboratorio teatrale a scuola: non più un progetto esterno finalizzato allo spettacolo finale ma un percorso educativo, equiparato alle altre materie, che sviluppa nelle giovani generazioni competenze in grado di promuovere una visione olistica del mondo. Questo primo passo potrebbe favorire una maggior consapevolezza da parte di tutti sull’importanza del teatro-educazione nella scuola e darebbe l’opportunità, veramente a tutti gli studenti, di diventare protagonisti della propria vita. 

Sfide e successi: i progetti in corso

Quali sono state le maggiori sfide incontrate nel portare avanti questi progetti e quali successi desidera condividere?

Ogni progetto portato avanti da Micro Teatro ci ha messo di fronte a grandi sfide e presentato al contempo sconfitte e successi. Ogni persona che si incontra è un mondo da osservare, ascoltare e, se è possibile, aiutare ad evolvere. Ultimamente stiamo portando avanti due progetti educativi tra loro complementari: Ogni centro è il centro del mondo, insieme alla cooperativa sociale Frontiera Lavoro, sostenuto dalla Fondazione Perugia e in partenariato con 8 comuni tra Media Valle del Tevere e Trasimeno, e FATe School, sostenuto dai fondi PR-FERS che coinvolge le scuole di 16 comuni di tutta l’Umbria. I due progetti portano a comunità molto piccole e a differenti target di età (in particolare alle fasce più vulnerabili del territorio) il teatro: spettacoli, laboratori, altre attività performative con fini educativi.
La sfida più grande è relazionarsi con luoghi lontani dai circuiti culturali regionali abituali, con contesti difficili e a volte diffidenti, con età e bisogni educativi differenti. Non penso mai al fallimento come qualcosa di negativo ma come una spinta a trovare nuove strategie. In questi due progetti stiamo percorrendo strade impervie, in cui i destinatari (non solo giovani) non nascondono all’inizio il loro disagio e quasi fastidio. Le reazioni, anche oppositive e provocatorie, partono sempre dalla stessa domanda: a cosa serve il teatro oggi? Eppure, con ogni nostro percorso o evento, riusciamo a coinvolgere la maggior parte dei partecipanti. Un lavoro continuativo che dall’analisi dei bisogni dei territori, da ciò che non ha funzionato in precedenza, dallo studio di nuovi approcci, dal confronto tra tutti i componenti della nostra equipe di lavoro, dalla continua sperimentazione sul campo, ci porta ad affinare i nostri progetti.

C’è un momento o un evento specifico legato ai progetti che l’ha particolarmente colpito o ispirato?

Negli ultimi 15 anni abbiamo organizzato innumerevole eventi la maggior parte per le famiglie. Direi che un evento a cui sono molto legato è stato il concerto dei Fratelli Mancuso, a fine giugno 2023 c/o la Casa Museo di Brajo Fuso – Fuseum. Ma anche l’inaugurazione della Biblioteca INTRA di Castello delle Forme, il debutto dello spettacolo Leggera nel 2022. Tre ricordi molto diversi tra loro che descrivono la natura multidisciplinare di Micro Teatro. Tuttavia, l’evento che ha cambiato per sempre la storia della compagnia è stato anche il primo: l’inaugurazione il 30 aprile 2004 del Centro Internazionale Studi di Biomeccanica Teatrale, il nostro progetto di formazione permanente. La tecnica russa della Biomeccanica Teatrale e l’insegnamento del nostro maestro Gennadi Bogdanov sono le nostre radici, la base da cui ogni giorno partiamo per svolgere le nostre molteplici attività. Da allora ogni anno abbiamo organizzato i corsi internazionali, ora presentati insieme ad altre attività di formazione, nel festival di formazione Meyerhold Weeks. L’emozione di ospitare ogni anno, tra luglio e agosto, ragazzi provenienti da tutto il mondo è la cosa che più ci gratifica e da cui traiamo ogni anno ispirazione.

Valorizzazione del patrimonio culturale

Come i progetti contribuiscono alla valorizzazione e alla democratizzazione dei beni culturali in Umbria?

Micro Teatro non è solo il nostro nome ma anche un genere teatrale in cui appunto si favorisce la vicinanza e il contatto tra le 2 componenti del teatro: attori e spettatori. Con il festival “LUMe – L’Umbria delle meraviglie” nel 2023 e con le nostre stagioni teatrali “Una stagione fuori” e “FATe – Famiglie a Teatro” stiamo dimostrando dal 2019 che il teatro si può fare in ogni luogo sia all’aperto che al chiuso. Continuiamo ad invitare compagnie nazionali che condividono la nostra stessa visione di un teatro site-specif; proponiamo eventi che mettono al centro luoghi più o meno nascosti della nostra regione; scegliamo di volta in volta palazzi, giardini, panorami rendendole scenografie uniche dei nostri eventi; promuoviamo i piccoli spazi teatrali della regione rendendoli nostri partner. Cerchiamo, nel nostro piccolo, di rendere coscienti le comunità in cui agiamo delle potenzialità del proprio patrimonio. Mi vengono in mente, ad esempio, le 3 edizioni del Festival della Poesia “Le vie dorate e gli orti” nel borgo di Castello delle Forme, frazione di Marsciano: un luogo abbandonato, i cui abitanti, ridotti a poche unità, avevano perso la speranza e la gioia di rivedere le proprie vie, piazze e giardini, risuonare a festa come un tempo. In quella occasione abbiamo fatto di tutto per riavviare un processo civico. Attraverso concerti e spettacoli abbiamo richiamato gli abitanti dei paesi vicini riempendo per tre edizioni il borgo. Questo ha incoraggiato la comunità e in poco tempo, sotto nostro impulso è nata prima l’associazione del paese, poi centro sociale e in fine hanno realizzato autonomamente altre manifestazioni.

Futuro del teatro nella comunità

Quali sono le sue aspettative per il futuro del teatro nella comunità umbra e quali nuove iniziative possiamo aspettarci?

Il nostro lavoro, dopo 25 anni è solo all’inizio. In questo quarto di secolo abbiamo acquisito, dapprima, la nostra formazione di base, quindi, appreso l’importanza di una autoformazione continua e costante e infine, compreso come i successi o le sconfitte siano tappe per migliorare. Abbiamo creato legami con enti di diversi territori della regione in entrambe le province e attraverso la progettazione abbiamo raccolto fondi destinati alle comunità sia più lontane e più piccole, alla marginalità, alle diversità e ai giovani.
Un grande lavoro che spesso si scontra con burocrazie e passaggi amministrativi lenti e contorti, con rendicontazioni prolisse e ridondanti, con fondi non stabili. Ci auguriamo di riuscire sempre di più a relazionarci positivamente con gli enti pubblici e privati e a trovare risorse più stabili.
Il nostro futuro è legato alla nascita di un nuovo spazio performativo e di formazione nel quartiere di Settevalli a Perugia: MICROTEATRO. Un luogo che abbiamo acquisito, risparmiando e indebitandoci: una nuova scommessa che speriamo possa essere in breve tempo un luogo in cui tutto il nostro territorio ci possa conoscere e apprezzare. Un punto da cui partire, ogni giorno, per continuare a vivere e relazionarsi con tutta la nostra regione.

Qual è il messaggio che desidera trasmettere alla comunità attraverso il suo lavoro artistico e i progetti di Micro Teatro Terra Marique?

Il nostro nome contiene una esortazione: “Terra Marique” ovvero dal latino “per terra e per mare” (ovunque). Ogni nostro progetto serba in sé questo intento: rivolgersi il più possibile ad un pubblico vasto e svolgere le nostre azioni in qualsiasi tipologia di spazio e di luogo. In questo senso, penso che la cultura, il teatro in particolare, debba essere qualcosa di popolare e accessibile a tutti (soprattutto ai ragazzi delle scuole di ogni grado); debba raggiungere chiunque e fruita senza che essa possa spaventare; non debba creare esclusioni e parlare solo a chi può capirla. Le nostre azioni hanno come obiettivo principale quello di riportare al centro della comunità, la comunità stessa, proponendo attività che possano rendere attivi e protagonisti i vari destinatari dei nostri interventi. In ambito performativo presentiamo (sia nelle nostre produzioni che in quelle che ospitiamo) linguaggi scenici variabili e spettacoli spesso multidisciplinari sia per adulti che per bambini, con l’intento di proporre alla popolazione alternative agli abituali appuntamenti extra lavorativi. Ci auguriamo nel prossimo futuro di allargare sempre di più la nostra rete di partner sostenitori (pubblici e privati), di modo che si possa offrire (come già stiamo facendo da alcuni anni) le nostre proposte e rivolgerci sempre di più alle fasce più vulnerabile. La nostra finalità principale è quella di concorrere e contribuire attivamente allo sviluppo civico, etico e morale di ogni componente della polis; di lavorare sul campo e di istaurare con tutti sempre un rapporto orizzontale, diretto ed empatico.

Claudio Massimo Paternò, attore, regista, pedagogo teatrale, si forma presso il CUT – Teatro Stabile dell’Umbria e si specializza a Berlino presso il Mime Centrum.  Come regista ha realizzato spettacoli in Italia, Svizzera, Brasile e Argentina. È uno dei massimi esperti del sistema teatrale Biomeccanica Teatrale che insegna in tutto il mondo. Dal 2004 coordinatore artistico del Centro Internazionale Studi di Biomeccanica Teatrale di Perugia.