Camineiro
Il Sinodo in Assemblea

Il colpo d’occhio della basilica di San Paolo fuori le mura è emozionante. L’immensa navata centrale si presenta colma e insolita, come mai era avvenuto nella sua storia secolare. Cento tavoli attorno a cui siedono laiche e laici, vescovi, presbiteri, religiose e religiosi provenienti da tutte le Chiese locali della penisola e da esperienze ecclesiali le più varie. Non mancano i rappresentanti delle Chiese orientali in Italia e delle comunità evangeliche.
E non vengono più chiamati “fratelli separati” perché sono piuttosto “compagni di strada”, la stessa strada che viene indicata nell’etimo di Sinodo che è un cammino da percorrere insieme. In questo senso qui si tocca con mano la pluralità di vocazioni, competenze, ministeri, servizi, sensibilità e spiritualità che compongono il mosaico della comunità cristiana. Qui si tocca con mano che un ministero da solo non basta e che la Chiesa di domani o sarà sinodale o non sarà.
I dati sulla pratica religiosa degli italiani e delle italiane e sul senso religioso della vita sono sconcertanti e le proiezioni di più. Volesse il cielo avvenisse come dice Zuppi nel saluto iniziale: “In questa prima Assemblea e poi anche nella prossima siamo chiamati a dare carne alla profezia di una Chiesa desiderosa di avanzare nella storia con la forza umile del Vangelo e col fermo proposito di non abbandonare mai la compagnia degli uomini per rinchiudersi ‘in un groviglio di ossessioni e procedimenti’” (Evangelii gaudium, 49).
E per questo la profezia non è solo uno slogan da declinare soprattutto nel prossimo anno di cammino di Chiese ma una scelta più profonda e consapevole: “Per i cristiani – dirà mons. Erio Castellucci nella relazione principale – la profezia è la scelta di testimoniare integralmente il Vangelo e la viva Tradizione, abbracciandone tutti gli aspetti. La profezia in altre parole è la capacità di declinare quello che del cristianesimo ‘fa la differenza’ nella cultura in cui esso è chiamato a vivere, non in un contesto ideale astorico e atemporale”. E la sociologia delle statistiche non basta a fotografare la realtà che è fatta di scelte e fatti che nessuna tabella potrebbe raccogliere in una percentuale.
Sono i segni dell’amore silenzioso di una visita a un ammalato, di una carezza, di chi accoglie un povero e di chi protesta per un diritto. “La comunità cristiana – è sempre Castellucci a parlare – si nutre di gesti quotidiani e spesso nascosti, che hanno a che vedere più con le relazioni che con l’organizzazione, più con l’ascolto e l’accoglienza che con gli eventi di massa”. Pertanto a dare conto della Prima assemblea sinodale delle Chiese in Italia non è nemmeno ciò che emerso dalle conversazioni nello Spirito dei tavoli o dalle sintesi che ne sono state tratte.
Il cammino sinodale è prezioso in sé, come scelta e stile, attitudine e corresponsabilità, coraggio e sguardo nel futuro. A San Paolo fuori le mura non c’era una Chiesa aggrappata alle ceneri della tradizione e del déjà-vu, nostalgica dei bei tempi andati con tanto di paramenti e inni latini, di partito dei cattolici e di cristianità radicata nei vissuti del Paese, quanto un popolo in cammino che prova a fidarsi dello Spirito di Dio. Talvolta non sa dove questo lo conduca ma si lascia portare perché il nuovo, che sopraggiunge rapido e inedito, non è considerato né una minaccia né un ostacolo ma piuttosto il luogo in cui bisogna re-imparare ad annunciare e praticare il Vangelo. Sine glossa.