Camineiro
Gino Bulla che scriveva coi piedi
Quando abbiamo dato l’ultimo saluto a Gino, direttore responsabile di questo quindicinale, redattore e curatore grafico e iconografico, maestro di fotografia e soprattutto Volontario della Pro Civitate Christiana dal 1963, abbiamo scelto di leggere il Vangelo dei discepoli di Emmaus perché narra di un’esperienza post-pasquale e perché è una storia “scritta coi piedi”. Così piaceva a Gino. Lui amava percorrere le strade di Assisi con lunghe camminate che erano un saluto alla nuova giornata, alla gente che incontrava e alle pietre della città storica. Condividendo la strada col risorto lo riconosceva allo spezzare del pane della vita. La sua arte fotografica, in fin dei conti, non era altro che questo bisogno di contaminare gli altri con le sue visioni cristiche che di volta in volta assumevano i volti della gente che incrociava, la bellezza della natura che esaltava, la vita stessa dei paesaggi urbani e campestri di Umbria e Sardegna, e poi di Palestina, Yemen, Cina, Sahara… Non a caso anche Gino come i due discepoli percorrono la strada da Gerusalemme verso la periferia anonima di Emmaus. In qualche modo potremmo azzardare che Gino è l’altro discepolo accanto a Cleopa a cui l’evangelista Luca non dà un nome, proprio per lasciare il posto a ciascuno dei destinatari del vangelo medesimo. Uno dei caratteri indelebili e precipui di Gino consisteva nel non tirarsi mai indietro. Tradotto significa generosità totale fino a spogliarsi di sé, disponibilità assoluta che non gli faceva mai dire di no, ma anche caparbietà e determinazione nel perseguire l’obiettivo, nel raggiungere la meta. Era il suo modo di ripetere con la vita l’”eccomi” biblico! In questa determinazione egli ha coltivato il mito della competenza che non degenerava mai nella competizione. Nello sviluppo delle competenze era scrupoloso e assolutamente severo con se stesso e bandiva ogni manifestazione di superficialità e approssimazione. Incarnando poi l’ideale di vita del Volontario della Pro Civitate Christiana ha vissuto con coerenza una laicità che lo portava a unirsi alle lotte per la pace e la giustizia nelle piazze e nelle associazioni di Assisi, ma anche nella quotidianità della vita della polis. Giustamente la sindaca Proietti ha sentito il bisogno di essere presente portando una sua testimonianza alle esequie e alla sepoltura. Laicità che ha significato anche animazione culturale in tanti ambiti. Soprattutto offrendo la propria competenza – manco a dirlo! – in ambito giornalistico e fotografico. “Quelli di Gino” è il nome di un’associazione nata tra gli allievi dei corsi gratuiti di fotografia che ha promosso di anno in anno per cinquant’anni. Numerose sono le mostre, i libri, i concorsi prodotti in questi circuiti così come nell’Accademia Properziana. Insomma, fedele alla raccomandazione di don Giovanni Rossi, non ha mai trascurato di avere in una mano la Bibbia e nell’altra il giornale. Più che un sapere, pure frutto di applicazione e ricerca, era sapienza. Tanto più che il Bulla era molto attratto dalla bellezza e dall’arte espresse nella fotografia, nel cinema, nella musica e nell’ambiente. Indubbiamente una perdita grave per noi tutte e tutti di Rocca e della Pro Civitate Christiana, ma anche un monito, una testimonianza, un’eredità difficile.