Debito: una questione di giustizia e speranza

Mani che si intrecciano a sorreggere il mondo e loghi del Sacro convento di Assisi, del Giubileo 2025 e della Pro civitate christiana

Il debito dei Paesi del Sud del mondo continua a rappresentare una delle più profonde ingiustizie economiche del nostro tempo. Un peso che schiaccia le economie più fragili, priva milioni di persone della possibilità di un futuro dignitoso e acuisce le disuguaglianze globali. In un contesto mondiale segnato dalle crisi ambientali, dalle migrazioni forzate e dalle conseguenze delle guerre, il dibattito sulla remissione del debito torna a essere centrale. Proprio da Assisi, luogo simbolo della pace e della fraternità universale, è arrivata una voce forte e corale che chiede di affrontare il problema con coraggio e responsabilità.  

Il debito come strumento di povertà

Secondo gli ultimi rapporti economici internazionali, molti Paesi dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia sono costretti a destinare gran parte delle loro risorse al pagamento degli interessi sul debito contratto con istituzioni finanziarie internazionali e creditori privati. Questo meccanismo soffoca ogni possibilità di investimento in istruzione, sanità, infrastrutture e tutela ambientale, perpetuando così un ciclo di povertà e dipendenza.  

Come ha ricordato più volte papa Francesco, il debito non è soltanto un problema economico, ma una questione morale:  

“Quando un Paese non può pagare il suo debito, bisogna trovare modi equi per risolvere il problema, senza compromettere la vita delle persone e il loro futuro”.

La situazione è aggravata dallo sfruttamento delle risorse naturali e dalla crisi climatica, che colpisce in modo sproporzionato i Paesi più vulnerabili, costretti a pagare un “debito ecologico” provocato dalle economie industrializzate. Questo squilibrio globale richiede un cambio di paradigma e un impegno concreto per rimettere al centro la giustizia e la solidarietà internazionale.  

La conferenza di Assisi: voci autorevoli per un cambiamento necessario

È in questo contesto che si è svolta, lo scorso 12 dicembre, la conferenza stampa “Rimettiamo il debito ai Paesi del Sud del Mondo”, ospitata nella sala stampa del Sacro convento di San Francesco in Assisi. Un evento che ha visto la partecipazione di figure chiave del mondo ecclesiale e civile, impegnate a rilanciare un appello concreto alla remissione del debito come atto di giustizia e pace.  

A moderare l’incontro è stato Enzo Nucci, storico corrispondente Rai dall’Africa, che ha introdotto il dibattito con parole chiare: “La questione del debito non riguarda solo l’economia, ma la dignità delle persone. Non possiamo restare indifferenti di fronte a un sistema che strangola intere nazioni e impedisce loro di crescere”. 

Fra Marco Moroni, custode del Sacro convento di Assisi, ha aperto l’evento richiamando la figura di san Francesco e il suo messaggio di fraternità universale: “La remissione del debito è un atto di giustizia, non di beneficenza. Come Francesco ha saputo spogliarsi dei suoi privilegi per abbracciare i poveri, così anche noi siamo chiamati a spogliarci delle logiche di profitto e dominio che generano esclusione”.

“Parto dalla riflessione su ciò che papa Francesco sta rendendo ufficiale proprio in questi giorni a Roma, con il messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio, dal titolo ‘Rimetti a noi i nostri debiti’. Il tema del debito è, quindi, al centro del messaggio del Papa”. Ha fatto eco l’intervento di don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, che ha posto l’accento sul dovere morale della Chiesa e della comunità internazionale. “Nel Messaggio il Papa usa un’espressione molto forte: “spogliarci dell’arma del credito”. È un’immagine potente, che sottolinea come il credito sia diventato uno strumento di dominio, in grado di mantenere intere popolazioni in scacco e di alimentare un’economia di guerra. Sappiamo che chi investe in armamenti è sempre più forte, mentre gli investimenti che dovrebbero essere destinati alla sanità, alla scolarizzazione, alla lotta contro la fame e contro le disuguaglianze, vengono sistematicamente tagliati e dimenticati”.

“Siamo tutti debitori – ha continuato don Bruno Bignami – ma ciò che può fare la differenza è la capacità di entrare nella logica della gratuità e dell’amore. Questo ci chiede di riconoscere che l’altro vale più di qualsiasi cifra, che solo attraverso relazioni gratuite e dedicate all’altro possiamo costruire qualcosa di nuovo a livello umano”.

“Questa è la vera sfida del Giubileo: non tanto contare quanti pellegrini arriveranno a Roma, ma capire quanti riusciranno ad accogliere questa logica dell’amore e del perdono che ci libera da tutte le schiavitù”.

Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, ha lanciato un appello alla mobilitazione:  “Vorrei richiamare un episodio significativo della vita di san Francesco. Quando si spogliò dei suoi vestiti davanti a suo padre e al vescovo, Francesco fece un gesto rivoluzionario. Quando il vescovo gliene chiese conto Francesco rispose con un concetto profondo. ‘Se io possiedo qualcosa, devo avere anche una lancia per difenderla’. Capite la provocazione straordinaria? Francesco aveva intuito il legame tra economia e armi. Se possiedi qualcosa, devi difenderlo con la forza. Questo è un messaggio che resta attuale anche oggi, nel sistema capitalistico in cui viviamo”. “Oggi – ha detto ancora padre Alex – viviamo in un sistema che produce ingiustizia su scala globale. Il 10% della popolazione mondiale, il cosiddetto Occidente, consuma il 90% dei beni prodotti sulla Terra. Questa è una follia. Il debito pubblico globale ha raggiunto 97 mila miliardi di dollari nel 2023. I Paesi poveri, che rappresentano solo il 30% del debito globale, pagano però tassi di interesse altissimi, quattro volte superiori a quelli degli Stati Uniti. In Africa, molti governi spendono più per pagare gli interessi sul debito che per l’istruzione e la sanità. Il caso della Nigeria è emblematico: 70 miliardi di debito l’hanno costretta ad aumentare i prezzi dei generi alimentari, provocando rivolte popolari”. “Come cristiani – ha detto a conclusione del suo intervento Zanotelli – abbiamo il dovere morale di lottare per un mondo giusto, in cui tutti possano vivere una vita dignitosa”.  

“Ricordo bene la grande campagna mondiale per chiedere la cancellazione del debito tra il 1995 e il 2000” ha aggiunto Flavio Lotti, presidente della Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, che tra le varie iniziative, organizza la Marcia della pace. “Ho avuto la fortuna di farne parte da giovane e, in quel tempo, ho potuto incontrare il resto del mondo. Era una campagna mondiale di giubileo e di speranza, che ci spingeva nella direzione che ancora oggi cerchiamo di rinnovare. Ma dobbiamo domandarci: è stato tutto vano? È stato tutto inutile? E oggi, quali possibilità abbiamo?” “Oggi viviamo la crisi di fraternità più grave dalla fine della Seconda guerra mondiale. Lo sapevamo che c’erano questi problemi, ma non abbiamo voluto risolverli. Sappiamo ancora oggi che ci sono e abbiamo gli strumenti per farlo, ma stiamo scegliendo di non agire. Anzi, quando la nuova Commissione europea dichiara di voler investire 500 miliardi extra per le armi, significa che stiamo andando nella direzione opposta”. “Dobbiamo animare le giovani generazioni, restituire loro il sogno di vivere in una società fraterna, dove ci si vuole bene, ci si prende cura gli uni degli altri, dove si cerca di unirsi anziché dividersi. Non possiamo permettere che i giovani perdano anche la speranza nel futuro”.

Molto incisivo è stato anche Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, che ha sottolineato l’importanza di un’informazione responsabile:  “Che cosa intendo con debito mediatico? Mi riferisco a quello che viene chiamato digital divide, la disuguaglianza nell’accesso alla comunicazione. Oggi una piccola minoranza è proprietaria delle reti di comunicazione, mentre la stragrande maggioranza del pianeta, specialmente nei Paesi poveri, è esclusa. Non ha voce, viene rappresentata ma non può rappresentarsi”.  “Se non ci occupiamo di queste disuguaglianze mediatiche, rischiamo di assistere a un ulteriore aumento del digital divide e a un allargamento del divario tra ricchi e poveri anche sul piano dell’informazione. Dobbiamo affrontare questi temi con serietà: quello che serve è un’analisi seria e approfondita della povertà mediatica, che si accompagna alla povertà economica e ai conflitti”.  

Infine don Tonio Dell’Olio, presidente della Pro civitate christiana, ha ricordato come il debito sia spesso il risultato di politiche economiche imposte dall’alto:  “Oggi il debito è cambiato. Se nel 2000 siamo riusciti a condonare parte del debito estero imposto dai Paesi ricchi, oggi il debito maggiore è nei confronti di soggetti privati: multinazionali che sfruttano i Paesi impoveriti, creando un gap incolmabile”. “Oggi siamo chiamati a condonare debiti non solo economici, ma anche mediatici, ecologici e di genere. La remissione dei debiti è necessaria, ma va collocata all’interno di un ripensamento del sistema economico, profondamente ingiusto”.  

Assisi, simbolo di un nuovo inizio

 La conferenza si è conclusa con un appello corale alla comunità internazionale affinché la remissione del debito diventi una priorità nelle agende politiche ed economiche. Assisi, città della pace e della fraternità, si conferma ancora una volta luogo di speranza, dove le parole si trasformano in impegni concreti per costruire un mondo più giusto ed equo.  

Il cammino verso il Giubileo 2025, con il suo tema “Pellegrini di speranza”, diventa così un’occasione per riflettere e agire, mettendo in pratica il messaggio evangelico e il sogno di un’economia che non escluda nessuno. Un messaggio chiaro, lanciato da Assisi al mondo intero: “Non ci può essere pace senza giustizia”.