Cum tucte le tue creature

Laudato sii mi Signore con “tutte le tue creature”. Così il beato Francesco inizia la lode cosmica al Dio creatore, buon Signore! Ed è significativo che prima di lodare Dio per le diverse creature e le diverse situazioni contemplate da Francesco la lode espressa al Signore sia certamente per tutte le creature ma anche con tutte. La lode che Francesco innalza è veramente cosmica e rende le creature soggetto di lode come già facevano le benedizioni delle creature presenti nel libro di Daniele e cantate al mattino da monaci e frati.

Tutte le creature sono buone, tob, perché questo è il giudizio solenne e definitivo di Dio alla fine di ogni giorno della creazione: “Dio vide che ciò che aveva fatto era buono e bello (tob)!”, e per questo la sapienza di Israele le può attestare come Parola di Dio:

Tu, Signore, ami tutte le creature

e nulla disprezzi di quanto hai creato

se avessi odiato qualcosa non l’avresti creata.

Come potrebbe stare davanti a te se tu non la vuoi?

Come potrebbe conservarsi se tu non l’avessi chiamata ad esistere?

Tu salvi tutte le creature

perché sono tue, Signore, amante della vita!”

(Sap 11,24-26).

Questa dovrebbe essere la visione del cristiano sul cosmo e su tutte le creature che sono create, cioè sono chiamate da parte di Dio all’esistenza.

Il Signore ha chiamato le stelle ed esse hanno risposto: Eccoci!

Hanno brillato di gioia per colui che le ha create.

(Bar 3,35).

La parola di Dio chiama alla vita e dunque vivere e amare è la prima obbedienza. E la vita è lo spazio della comunione delle creature con Dio perché in ogni forma di vita vi è la capacità di dialogo con il Creatore. I salmi testimoniano che davanti al Signore “i fiumi battono le mani”, “i monti danzano”, “il mare risuona”

La creazione e le creature tutte non sono frutto del caso e nemmeno della necessità, ma della volontà di Dio che è sempre volontà di vita e di amore! Ciò che fonda e precede tutte le creature è l’amore di Dio. Un padre della chiesa siriaca, Narsai, afferma: “In Dio l’amore ha preceduto la volontà della creazione!”. Queste creature non sono semplicemente uno scenario in cui è collocato l’uomo perché l’umano, gli animali, i vegetali, la terra, sono tutte creature immerse nella temporalità. Sono dunque una comunità di co-creature.
Sottolineo molto questo termine perché ancora assente dalla ricerca di una teologia ecologica. “Tutte le creature” significa una comunità di co-creature, creature nate o plasmate dalla terra, creature che sono coinquiline nello stesso spazio, creature che hanno un comune destino e non solo una comune condivisione della terra. Il terrestre, l’Adam, non è né solo né isolato, ma fa parte di una comunità e come in ogni comunità ha un munus che è debito e responsabilità. Il terrestre non ha una posizione antropocentrica che lo innalzi sulle altre creature, non ha una superiorità che gli dia un diritto di sfruttamento, semmai ha una capacità di responsabilità.

Gli orsi che popolano l’Alto Adige non hanno responsabilità verso gli umani, ma gli umani hanno una responsabilità verso di loro: una responsabilità di custodia e di salvaguardia di ogni creatura, che sia animale o vegetale o minerale. L’umano non esiste senza le altre creature e il mondo esiste come luogo e casa dell’umano. Perché allora siamo arrivati a distinguere in questa creazione (sistema totale di esseri viventi umani, animali, vegetali e di creature inanimate) delle differenze che anziché dire la policroma, la multi-colorata sapienza di Dio portano a operare separazioni e a rigettare e disprezzare alcune creature? Perché noi cristiani stiamo iniziando solo oggi a capire la bontà della creazione tutta e a rinnegare quello sguardo cinico e sovente angosciato sulla natura espresso in tanti trattati De comptemptu mundi (Sul disprezzo del mondo)? Perché abbiamo inflitto tante sofferenze in uomini e donne che non abbiamo saputo leggere nella loro bontà esprimendo sulla loro diversità un giudizio che era soltanto di condanna? Perché solo ora cominciamo a capire che c’è un comandamento che realizza i comandamenti dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo, ed è il comando: “Ama la terra come te stesso!”? Perché tu sei di terra, perché la terra è tua madre, perché la terra ti nutre, perché la terra è la tua vita!

Eppure secondo la Bibbia l’uomo che non si situa come centro ma come ponte tra Dio e il creato ha un compito di custodia, di prendersi cura delle creature sue coinquiline, o, come le chiamerà Francesco, suoi fratelli e sue sorelle… Il creato è chiamato all’armonia, alla bellezza, non al consumo e allo sfruttamento, e gli umani sono i responsabili con la benedizione di Dio di questa possibilità di shalom, di vita piena.
All’umanità come agli animali Dio ha dato la benedizione, ha dato lo stesso comando di essere fecondi, moltiplicarsi e diffondersi sulla terra. E la Scrittura ci dice che è in una grande solidarietà che tutte le creature ricevono la terra in dono: non una senza l’altra! Non l’umano senza l’animale, non l’umano senza i vegetali, e non tutte queste creature senza mari e campi, monti e valli, vento e pioggia, albe e tramonti, giorni e notti…

GESÙ E LE CREATURE

Per paura dell’idolatria, tanto attestata tra i pagani, noi abbiamo reso la fede cristiana a-cosmica e ci siamo nutriti di diffidenza verso le creature. Non siamo stati capaci, guardandole e contemplandole, di dire come Dio che sono buone (tob) e abbiamo ignorato il loro legame di comunione con Dio e con noi.
Non siamo neanche stati capaci di leggere i vangeli dove Gesù si mostra capace di uno sguardo verso di esse che vuole destare la nostra attenzione. Gesù è il primogenito di ogni creatura (Col 1,15), tutto è stato fatto per mezzo di lui (Col 1,16) ed è l’“erede di tutte le cose create” (Eb 1,2). Anselmo di Canterbury dice: “Nell’unico e medesimo Verbo, Dio dice se stesso e tutto ciò che ha fatto”.

Tutte le creature sono lógoi, “verbo in Verbo” e se leggiamo i Vangeli vediamo che Gesù nella sua reale, totale, radicale umanità è abitato dall’osservazione della natura per trarne consolazione e insegnamento, per vedervi la parabola dell’amore di Dio per gli uomini. Provate a leggere il Vangelo almeno una volta in modo non religioso ma semplicemente umano (io direi poetico!). Notate i molti riferimenti che Gesù fa alla natura, alla vita: la chioccia che raduna i pulcini sotto le ali, il lievito gettato nella pasta che la fa fermentare, i gigli dei campi che si vestono più gloriosi di Salomone, i corvi che non seminano ma sono nutriti, i fichi che mettono per primi le gemme all’arrivo dell’estate, le volpi che hanno tane, la potatura della vite, la mietitura del grano…

Ma attenzione, non si tratta solo di cogliere che le creature sono presenti nella parola pubblica di Gesù, ma di percepire come da ogni creatura si possa trarre un insegnamento, una lezione. Se fosse possibile ora fare un’analisi dei testi in cui Gesù evoca creature animate o inanimate ci renderemmo conto che in ogni racconto o riferimento Gesù indica la necessità della cura, della pazienza, del rispetto, dell’attesa, dell’amore che deve regnare anche nei rapporti umani. La zizzania non va sradicata, perché non spetta a noi il giudizio sulle persone, il fico che non dà frutto richiede pazienza e attenzione, il chicco di grano che muore dà frutto e così è nella vita di chi dona la vita per gli altri.

Sì, la creazione nel giudizio di Gesù è sottomessa alla caducità e tuttavia essa è attraversata in verità non dal peccato ma dall’amore di Dio che l’ha voluta buona (tob) e la trascina all’integrità e alla trasfigurazione affinché il creato diventi la dimora del regno dei cieli.

Ma certamente ciò che colpisce nell’atteggiamento di Gesù è l’accoglienza di ogni natura, evidente soprattutto nell’accoglienza di uomini e donne. Per lui non c’è nessuno che debba o possa essere evitato, escluso dalla sua presenza e dall’incontro con lui. La sua prima manifestazione è avvenuta quando si è messo in fila tra i peccatori che si recavano da Giovanni il Battista per chiedere l’immersione nel Giordano come segno di ritorno a Dio. Solidale con i peccatori! Ecco perché siede alla tavola dei peccatori e accoglie peccatori pubblici e prostitute suscitando il severo rimprovero degli scribi e dei farisei. Accoglie e tocca l’impuro lebbroso, si lascia toccare dalla donna impura che di nascosto si avvicina a lui, si lascia ungere i piedi da una prostituta, accoglie l’adultera e muore in croce tra due delinquenti. Mai incontrando costoro giudica, mai li condanna, ma li copre con l’amore e li rimanda alla vita, alla vita piena.

Avete mai messo a confronto l’atteggiamento di Gesù con quello della chiesa? Se lo fate capirete che cosa significa che l’amore di Dio non è mai meritato! Perché noi invece giudichiamo, perché addirittura condanniamo e arriviamo a concepire “una pena” per chi ha sbagliato…

Non siamo discepoli di Gesù, siamo religiosi con una nomenclatura cristiana.

TUTTE LE CREATURE ATTENDONO LA SALVEZZA

Dio è lodato per tutte le creature, canta Francesco, ma queste creature, e Francesco lo sa, partecipano già fin d’ora alle doglie del parto gemendo e soffrendo, attendendo con impazienza la rivelazione dei figli di Dio (cf. Rm 8,19-22). È l’apostolo Paolo che ci rivela come la salvezza non riguardi solo noi umani: tutte le nature che sono state create da Dio che è buono non si dissolveranno nel nulla, ma giungeranno pure loro a una pienezza di vita.

La connaturalità dell’uomo con tutte le cose, la sua qualità regale al cuore della creazione, la venuta di Dio nella carne, dunque nella creazione, hanno creato un legame profondo tra la salvezza dell’uomo e il cosmo. Dunque c’è un’attesa, una speranza contenuta in tutte le creature… Sunt lacrimae rerum (Virgilio, Eneide 462) desiderio di salvezza! Questa consapevolezza non può essere periferica perché deriva dal mistero pasquale: nella morte e resurrezione di Gesù si è compiuta l’opera della riconciliazione della creazione intera con il Padre che “ha voluto riconciliare a sé tutte le creature” (Col 1,20). Ci sarà dunque una trasfigurazione della natura che diventerà quel cielo e quella terra “in cui abiterà la giustizia” (2Pt 3,13). Sarà un’epifania eucaristica della città santa, la nuova Gerusalemme che scenderà dal cielo, dove non ci sarà più né tempio né templi perché Cristo sarà il tempio.
Appunto per questo – ma pochissimi cristiani ne sono consapevoli – la liturgia eucaristica testimonia questa attesa escatologica della salvezza da parte di tutte le creature. Proprio la liturgia tiene viva la speranza della redenzione universale, perché convoca non solo i credenti ma tutte le creature alla lode, all’eucaristia innalzata al Signore. Tutte le creature sono officianti! Il pane e il vino che vengono dalla terra sono creature che dicono il bisogno e la gratuità nella vita degli umani. Vengono presentati perché siano trasfigurati in corpo e sangue del Signore, ma in un dinamismo trinitario nel quale “il Padre fa vivere e santifica tutto l’universo!”. Nell’antica anafora presente nelle Costituzioni apostoliche (iv secolo) sta scritto:

Tu, o Dio, hai popolato il mondo

lo hai ornato di erbe profumate e fiori

e con molti animali molto diversi

grandi e minuscoli, domestici e selvatici

capaci di canto come gli uccelli e di richiami

come le bestie del bosco.

Si ricorda la creazione, le creature tutte! E recentemente, nel 1928, finalmente la chiesa ha approvato, ma solo per lo Zaire, una preghiera eucaristica in cui si recita:

Per mezzo di tuo Figlio tu, o Dio,

hai creato il cielo e la terra

fai scorrere fiumi e torrenti

e fai vivere i laghi e i pesci.

Per mezzo di lui fai vivere le stelle

gli uccelli, le foreste, le savane

e tutte le regioni del mondo che tu ami

e salvi perché segno del tuo amore.

Finalmente una preghiera che non è a-cosmica, come sovente le nostre liturgie occidentali nelle quali significativamente non accogliamo sull’altare il pane, quel pane quotidiano che ci nutre, ma lo sostituiamo con l’ostia, che non sembra neanche più pane!

La liturgia eucaristica è sempre liturgia cosmica e la chiesa - “cosmo del cosmo”, secondo l’espressione origeniana, “microcosmo” secondo Massimo il Confessore - compie la liturgia quale ordo che sostiene il mondo! Il cosmo infatti riceve energia da Dio e la trasfigurazione del pane e del vino in corpo e sangue di Cristo è il sacramento del mondo nel quale sono all’opera le energie divine tese a reintestare la creazione in Cristo finché Dio sarà tutto in tutti.

Questi sono i fondamenti, le ragioni della cura che noi dobbiamo avere verso tutte le creature! Attenzione e rispetto anche per loro, sguardo di bontà anche su di loro, cura di loro e relazione, amicizia con loro… E “creature tutte” comprende anche gli alberi, anche i sassi e le rocce e la terra! Creature animate e inanimate, creature intelligenti e insipienti, creature deboli e forti, creature domestiche e selvatiche…

Cari amici e care amiche, dobbiamo cambiare molti dei nostri atteggiamenti verso le creature perché non sono per noi oggetti nello scenario della natura, ma “compagni di vita”.

Concludo esprimendo un rincrescimento: sovente in alcune case, soprattutto case religiose, vedo vasi con gerani o piante sempre verdi che languiscono, seccano, avvizziscono perché hanno sete e non ricevono acqua… E mi chiedo perché le hanno piantate se ora le lasciano a seccare e soffrire la sete. Nel giorno del giudizio sono convinto che se anche questi uomini e queste donne hanno dato da bere agli assetati vedranno queste piante ergersi e dire loro: “Avevo sete e non mi hanno dato da bere!”. Anche loro parteciperanno al giudizio! Lo spero veramente.