Annetta Portoghese tante vite in una vita

Come non dare ancora voce a un pensiero per Annetta? E non nel vano tentativo di pareggiare il conto con la sua parola, la sua penna e la sua vita, quanto piuttosto nella sfida di sintonizzarci su una lunghezza d’onda che – insieme a quella della preghiera – è congeniale alle sue corde. Annetta Portoghese vedeva lontano. Con uno sguardo trasparente e puro, con occhietti furbi che non conoscevano altra arte se non quella del sorriso. Sono rare le persone che sanno sorridere con gli occhi! E lei utilizzava quella chiave sia per vederti dentro che per scrutare l’orizzonte. Talvolta poteva capitare persino di non riuscire a capire, ma solo perché quella volta era andata addirittura oltre l’orizzonte. Oggi, con un linguaggio che non rende del tutto ragione, si direbbe che “stava sempre sul pezzo”. Anche quando, avendo superato i novanta, pensavi che dovesse camminare retrovolta verso la memoria e ti sorprendeva a raccontarti di come Le monde aveva chiosato una vicenda che sulla stampa italiana non era nemmeno menzionata. Così come quando commentava che le nostre teologie italiche facevano fatica a stare appresso alla riflessione che proveniva dalla Germania e dalle chiese americane, di tutte le Americhe. E tutto questo attraversato da una spiritualità mai devozionale e sempre profonda e attenta che si potrebbe dire ispirata. Con Annetta si andava a scuola di ecumenismo ma non quello delle formule e del confronto dottrinale, quanto quello della vita che eseguiva gli spartiti del dialogo, della frequentazione e dell’incontro (leggi alla voce esperienza). Sì, la sua pratica ecumenica era un laboratorio esperienziale che traboccava dalla sua rubrica fitta di numeri e nomi di cui poteva stare per ore a raccontarti episodi, aneddoti e leggerezze di ciascuna e ciascuno. Una vita piena di vite. Ma la sorpresa era che il più delle volte si trattava di vite inattese che mai avresti detto. E se l’ecumenismo per lei era un’esperienza, il Concilio era un respiro. Un alito che aveva introdotto nell’anima a tal punto da diventare forma di vita, ancora una volta sguardo nuovo sulla chiesa e sul mondo. Quelle interviste ai protagonisti del Concilio non le aveva solo trascritte negli articoli ma se le era rovesciate dentro e da quel momento non aveva mai smesso di sperare in un cambiamento decisivo, un’apertura abbracciante, una solidarietà senza confini. E poi quella dedizione all’altro, qualunque nome avesse, in qualunque momento bussasse, da qualunque parte arrivasse. Fosse anche la giovane peruviana che l’aiutava nelle faccende domestiche e che oggi mi ripete: “Quante cose mi ha insegnato. Quante cose ho imparato con lei”. Annetta dallo sguardo trasparente e dal cuore pieno di un canto che amava cantare e che sapeva cantare con voce cristallina. E infine le sue competenze nel campo della formazione e dell’istruzione quando si cimentò come operatrice dell’IRRSAE (Istituto Regionale di Ricerca e Sperimentazione e Aggiornamento) diventando un’antesignana dell’educazione interculturale in Puglia. I suoi testi “I nomi di Dio” e “Educazione interculturale” restano pietre miliari per una disciplina che solo in seguito ha trovato i giusti riconoscimenti. E questi sono solo alcuni degli universi che Annetta Portoghese ha attraversato. In punta di piedi, con la discrezione e la consapevolezza fiera d’essere donna, laica, ponte tra tanti confini.