La complessità della guerra
Extracanone
Edgar Morin è nato pochi anni dopo la fine del primo conflitto mondiale, respirando sin da piccolo quell’odio reciproco tra Francia e Germania, isteria di guerra, che precedette e seguì la Grande Guerra, accompagnando lo scoppio della seconda.
Unitosi alla resistenza francese, fu testimone diretto dei bombardamenti dei civili da parte dell’aviazione anglo-americana che seguirono quelli da parte tedesca: vide con i suoi occhi le città distrutte di Pforzheim, Karlsruhe, Mannheim, nonché la devastazione di Berlino operata dei caccia statunitensi e dall’artiglieria sovietica. Seppe dell’annientamento della città demilitarizzata di Dresda, delle stragi di civili che precedettero lo sbarco in Normandia, dell’orrore dei campi di sterminio nazisti e delle esplosioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki.
E poi, ancora, di guerra in guerra, ha assistito a quella di Algeria, la guerra di Jugoslavia, il conflitto israelo-palestinese, fino alla recente guerra tra Russia e Ucraina. Proprio quest’ultima, che Morin considera molto pericolosa, potenzialmente in grado di innescare un nuovo conflitto mondiale, lo ha spinto a dare alle stampe un instant-book intitolato, per l’appunto, “Di guerra in guerra. Dal 1940 all’Ucraina invasa” (Raffaello Cortina Editore, 2023), riportante, nell’edizione italiana, la prefazione di Mauro Ceruti. Il titolo originale in francese, per la verità, non riporta l’attributo “invasa” riferito all’Ucraina e la sua aggiunta qui da noi indica come, in Italia, risulti particolarmente delicato intervenire su questo tema.
La figura di Morin, per fortuna, si sottrae alle polemiche e ci consente di ascoltare una voce per la pace paragonabile a quella di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, pur essendo Morin di estrazione laica, con un passato di militanza nel partito comunista francese da cui si allontanò su posizioni anti-staliniste, avvicinandosi quindi ai socialisti.
Morin è considerato uno dei massimi esponenti del pensiero complesso. I sei volumi dedicati al Metodo, usciti dalla fine degli anni Settanta all’inizio dei Duemila, sono la sua opera principale, una sorta di enciclopedia della complessità. Schierato per il superamento della separazione tra saperi umanistici e scientifici, Morin aspira per l’uomo a una “testa ben fatta”, in grado di rispondere alle sfide nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale.
Proprio dalla testa ben fatta dell’autore scaturisce il libro “Di guerra in guerra” che dapprima analizza le caratteristiche della guerra in generale, dalla criminalizzazione del nemico, all’uso delle menzogne e della propaganda, al vedere spie in questa o quell’altra figura intorno a noi; per poi passare a considerare le peculiarità di questa guerra in particolare, perché, se ogni guerra ha dei tratti comuni, ha anche elementi unici.
Morin prende in prestito la classificazione dei crimini di guerra fatta da van Reybrouck per cui ve ne siano di occasionali (dovuti all’iniziativa singola di uno o più militari), strutturali (decisi da ufficiali o generali), sistemici (rientranti nella strategia militare di un governo in guerra), per concludere che in ogni guerra ve ne siano di tutti i tipi da una parte e dall’altra. La guerra del Bene comporta in sé del Male e ogni guerra include una criminalità che va al di là dell’azione strettamente militare.
La pericolosità della guerra in corso è accresciuta dal fatto che in ogni guerra vi siano elementi inattesi, improvvisi e imprevisti che contribuiscono ad aumentare gli errori e le illusioni sull’evoluzione degli eventi: Ogni guerra, e questa non fa eccezione, sfugge al controllo e può precipitare da un momento all’altro.
Giungendo poi alle conclusioni specifiche sulla guerra russo-ucraina, Morin fornisce una sua contestualizzazione in almeno tre situazioni conflittuali: tra Russia e Ucraina come stati, la continuazione della guerra interna fra potere centrale ucraino e provincie separatiste e una guerra politico-economica internazionalizzata antirussa dell’Occidente animata dagli Stati Uniti.
Morin non si sottrae dall’avanzare una proposta concreta di pace, una sorta di traccia per un piano organico: garanzia per l’indipendenza dell’Ucraina con integrazione nell’Unione Europea, referendum controllati internazionalmente in Donbass e Crimea, prevedendo un regime di controllo comune sul settore industriale in caso di autonomia da Kiev, risarcimento per i danni di guerra, statuto di porti franchi per Mariupol, Berdjans’k e Odessa.
Al di là della condivisibilità e attuabilità concreta dei punti suggeriti da Morin, resta il suo appello a intervenire in direzione della pace, e a farlo il prima possibile perché più la guerra va avanti e più le cose peggiorano e più la guerra si aggrava, più la pace è difficile.