Perché la scuola non sia la solita zuppa

Extracanone

Cristiano Corsini
La valutazione che educa
Liberare insegnamento e apprendimento dalla tirannia del voto

Franco Angeli 2023, pp. 132,
€18,00

Nel film di animazione Ratatouille il topo Remy assiste il giovane Alfredo Linguini aspirante chef, gli dà suggerimenti su come cucinare, gli insegna ad assaggiare le pietanze per correggerle di sale. Al termine della pellicola, Anton Ego, giornalista e critico gastronomico si reca in visita al ristorante e rimane estasiato dal piatto di ratatouille, dando a Linguini le meritate cinque stelle che lo decretano migliore chef di Francia.

A scuola servono topi Remy o critici à la Ego? La valutazione deve essere formativa, cioè dar forma all’apprendimento e all’insegnamento quale loro momento inseparabile, concentrarsi sul processo e su come esso si sviluppi, o sommativa, che classifichi il prodotto finale, quanto si è appreso?

Servono entrambi i tipi di valutazione, come previsto e raccomandato dalla normativa. Tuttavia, diversi sono gli strumenti attraverso i quali si possono esprimere. Il voto numerico o il giudizio, come le stellette di Ego, ben si adattano alla valutazione sommativa, quella che a fine periodo esprime il risultato conclusivo del percorso. Per essere educativo anche il voto andrebbe accompagnato da indicazioni di orientamento, ma la sua natura quantitativa può soddisfare gli scopi sommativi. Durante l’anno scolastico, invece, non servono stellette, voti, classifiche o graduatorie. Assai più utili ed efficaci risultano indicazioni su come proseguire, cosa rinforzare e cosa modificare. Il docente valuta se le cose stiano andando bene o male, ma soprattutto fornisce elementi utili per migliorarle, abitua l’alunno ad autovalutarsi e ricava per sé preziose indicazioni su come proseguire. Questa è la valutazione formativa.

Cristiano Corsini, ordinario di Pedagogia sperimentale a Roma 3, dedica a questi temi il libro “La valutazione che educa. Liberare insegnamento e apprendimento dalla tirannia del voto”. Nel libro si sottolinea l’importanza della valutazione formativa e come essa non possa essere realizzata attraverso l’uso di voti numerici o giudizi che anzi, se usati in aggiunta a feedback descrittivi, rischiano di annullarne l’utilità.

L’approccio è docimologico, illustrando e facendo chiarezza, ancor prima che sulla giustezza della scelta formativa, sulla sua efficacia. Con linguaggio chiaro e comprensibile si spiega quali siano le basi della valutazione scolastica, le sue dimensioni e caratteristiche principali e le sue distorsioni. Alcuni miti sul voto numerico – e sull’uso che ne viene fatto – vengono sfatati, anche laddove essi sembrano poter contare su basi più solide: l’analisi delle prove INVALSI condotta da Corsini permette di comprenderne le caratteristiche e collocarle nel giusto ambito di utilizzo che dovrebbe essere loro riservato, in direzione esattamente opposta a quella attuale.

La proposta valutativa di Corsini porta con sé un’idea di scuola, ma anche di società e di persona, che non si limita alla forma con cui viene espressa la valutazione. Non si tratta solo di restituire giudizi descrittivi al posto di numeri. La valutazione formativa è per forza di cose inserita in una didattica, in un’ecologia di relazioni (anche di potere e politiche), in una visione che predilige la collaborazione alla competizione, la solidarietà all’arrivismo, l’inclusione alla meritocrazia, la democrazia alla tirannia.

Il portato ideale e scientifico è quello che si richiama all’attivismo pedagogico di Dewey, alle pratiche di learning by doing, in special modo attraverso l’opera di Aldo Visalberghi, nonché alla nobile tradizione italiana che va da Maria Montessori, al Movimento di cooperazione educativa, da Don Milani a Mario Lodi e altre figure che hanno reso il nostro panorama scolastico un’eccellenza internazionale.

Tale circuito virtuoso, tuttavia, nel nostro paese si è limitato quasi esclusivamente alla scuola primaria e a quella dell’infanzia. Lì la valutazione è di tipo educativo: all’infanzia i voti non esistono e la valutazione è fatta di restituzioni continue a bambini e bambine; alla primaria si valuta senza voti attraverso i criteri dell’autonomia, del tipo di situazione affrontata, delle risorse mobilitate e della continuità nella competenza mostrata.

Non altrettanto è avvenuto nel ciclo secondario di istruzione. Qui le criticità aumentano, il sistema italiano non brilla, prevale ancora un modello basato sul ciclo spiegazione-compiti-verifica in cui la valutazione si colloca al termine e si riduce in larga misura a voti, medie, debiti, crediti. L’uso del registro elettronico ha esasperato questo approccio con l’impiego di trend, cifre decimali, grafici.

Per la verità, nel corso degli ultimi anni sempre più scuole superiori (singole classi o sezioni, ma anche singoli docenti) stanno scegliendo di portare avanti esperienze “senza-voto”, ricorrendo a valutazioni formative in corso d’opera per poi giungere ai voti numerici nelle pagelle di fine periodo.

Il libro “La valutazione che educa” è un punto di riferimento per queste realtà e il professor Corsini si è mostrato molto attento nel sostenerle, prendendo parte al Coordinamento per la Valutazione Educativa, tenendo incontri nelle scuole e presentazioni in presenza e online. C’è da aspettarsi che nei prossimi anni a valutazione scolastica sarà al centro del dibattito e della sperimentazione. La lettura di “La valutazione che educa” di Corsini può essere un utile strumento per misurarcisi.