I monaci che cambiarono l’Europa
Storia

Glauco Maria Cantarella
L’impero di Cluny
I monaci della corte celeste
Carocci, 2025, pp. 212
€ 21
Glauco Maria Cantarella, eminente medievalista, torna con L’impero di Cluny. I monaci della corte celeste (Carocci, 2025) a esplorare uno dei fenomeni più significativi del monachesimo occidentale. Questo libro, che si inserisce in un percorso di ricerca che aveva portato l’autore a pubblicare già il corposo volume I monaci di Cluny (Einaudi, 1993), offre una sintesi avvincente della storia cluniacense dal punto di vista religioso, culturale e politico.
Nato nel X secolo da un atto di rinuncia e devozione, il monachesimo di Cluny emerse in un’epoca di profonda inquietudine per la Chiesa, proponendosi come faro di una “regola della perfezione” basata su una rigorosa interpretazione della Regola benedettina. La sua forza trainante risiedeva nella completa affrancazione dal potere laico ed episcopale locale, garantita dalla diretta sottomissione alla autorità papale. Questa libertà, unita a una meticolosa osservanza della liturgia e alla centralità della preghiera, portò a un’espansione imprevista, trasformando l’iniziale fondazione in un vasto “impero” spirituale.
La vita quotidiana a Cluny era scandita da una disciplina ferrea, orientata alla ricerca della perfezione interiore e collettiva. La castità era intesa come un costante esercizio della volontà, il silenzio come garanzia di un ordine di vita impeccabile, il regime alimentare come pratica di moderazione, mentre il canto liturgico non era solo espressione devozionale ma un vero e proprio “lavoro di Dio”, elevato a forma d’arte e preghiera sublime. Questi elementi furono funzionali alla costruzione di un’identità monastica elitista. I cluniacensi si consideravano un’”aristocrazia”, chiamata a intercedere per la salvezza dell’umanità, e questa convinzione giustificava il loro stile di vita, spesso criticato per la sua opulenza. Il lusso delle cerimonie liturgiche e la magnificenza degli arredi sacri erano anche espressione di una spiritualità che vedeva nel bello un mezzo per avvicinarsi al divino.
Uno dei meriti del libro è l’attenzione riservata alla figura degli abati, veri artefici della fortuna di Cluny. Cantarella dedica pagine illuminanti a personaggi come Odilone, Ponzio e i tre Ugo succedutisi nel tempo, descrivendoli non solo come guide spirituali, ma anche come abili politici e diplomatici, autori e vittime di vere e proprie tecniche di “colpo di stato” di diversa foggia. Grazie al loro carisma e alla loro capacità di tessere relazioni, questi abati trasformarono Cluny in un centro di potere in grado di dialogare alla pari con papi e imperatori.
Al vertice di questa straordinaria macchina monastica vi fu, per quasi settant’anni, l’abate Odilone, figura carismatica e abile politico che consolidò “l’impero della preghiera” cluniacense. Sotto la sua guida, Cluny divenne un “mondo a parte”, una forza spirituale che trascendeva i confini territoriali, basando la sua influenza sulla purezza della vita monastica e sul trionfo della spiritualità sulla caducità della carne, simboleggiato dalla verginità e dalla promessa di vita eterna. L’espansione di Cluny si concretizzò in una “galassia” di priorati e monasteri dipendenti che costituirono la “corte celeste” cluniacense, una rete di influenza senza precedenti che si estendeva su gran parte dell’Europa occidentale.
Il secolo XI segnò l’apice della gloria cluniacense. Cluny si trovò al centro delle tensioni tra papato e impero, agendo spesso come mediatrice e sostenitrice delle riforme gregoriane, convinta del primato papale. Questo portò Cluny a diventare un vero e proprio “cantiere della cristianità”, un luogo dove l’oro e la pietra si fondevano per creare opere d’arte e architetture grandiose, espressione tangibile della sua ricchezza e del suo potere spirituale. L’abate Ponzio, figura ambiziosa ma controversa, tentò di dare nuove soluzioni alle sfide del suo tempo, coltivando l’ambizione, infine frustrata, di ascendere al soglio pontificio.
Tuttavia, l’eccessiva vicinanza a Roma, che era stata la sua forza, si rivelò a lungo andare un “buco nero”. L’obbedienza al papa, che aveva garantito l’autonomia cluniacense, divenne un terreno di scontro, soprattutto in relazione alle investiture e al primato del pontefice. Sebbene Cluny avesse sostenuto l’autorità papale, le sue stesse ambizioni e la sua ricchezza la misero in rotta di collisione con la Curia Romana e con le nuove spinte riformatrici.
La crisi di Cluny, seppur sotterranea inizialmente, si manifestò con episodi di turbolenza interna, come la destituzione di Ugo II e l’ascesa di Pietro il Venerabile, in cui gli anziani monaci, i “seniores”, giocarono un ruolo cruciale, testimoniando una “partita mortale” per il controllo dell’abbazia. L’egemonia cluniacense cominciò a vacillare con l’emergere di nuovi ordini monastici, in particolare i Cistercensi e più avanti quelli mendicanti di Francescani e Domenicani. Sebbene inizialmente diversi, ma non necessariamente nemici, le loro visioni della vita monastica, più austera e meno legata alle ricchezze temporali, entrarono in aperta competizione con il modello cluniacense. Lo scisma del 1130 legato all’elezione di due papi e l’emergere di un “mondo nuovo” nel monachesimo segnarono la fine dell’egemonia cluniacense, che dovette fare i conti con la percezione di essere diventata “come gli altri”, perdendo la sua unicità riformatrice. Nonostante ciò, Cluny rimase ancora a lungo una “cittadella della cultura” e del sapere monastico.
Gli ultimi secoli videro i “castelli del cielo” cluniacensi assediati da “demoni” interni ed esterni, culminati nell’elezione di Ugo III dietro la quale vi fu l’ombra della morte in circostanze non del tutto chiare del suo antagonista. I conflitti si inasprirono, trasformandosi in vere e proprie lotte tra monaci, minando la coesione e la disciplina interna. Ciò che restava erano le “vestigia dell’impero della fede”, la testimonianza di una grandezza passata che aveva profondamente segnato la storia della cristianità, ma che ormai si avviava verso il suo inesorabile declino.