A spasso nel tempo

Tonfi di libri che piovono dalle finestre del Castello di Sorci, giù nel vasto cortile dove gli spettatori-commensali si radunano attorno alle scacchiere bianco rosse apparecchiate, danno il via a SPAssato, lo spettacolo che celebra i trent’anni di Tovaglia a Quadri, regia e testo di Andrea Merendelli e Paolo Pennacchini.


La biblioteca civica e l’archivio dell’Universitas di Sorci vengono sgomberati, smantellati, dismessi. Al loro posto un centro benessere, svago, leggerezza, relax, ma soprattutto profitto, una Spa che sembra più l’acronimo di Società Per Azioni che la celeberrima città termale presso Liegi o il sempre valido motto latino salus per aquam (È stato accertato che il semplice suono dell’acqua che scorre riduce la pressione arteriosa, Patch Adams).Il racconto ci trasporta in un futuro prossimo, non più di una manciata di anni a giudicare dalla supremazia ormai indiscussa del digitale, il cibo liofilizzato, l’università telematica E-fagianos. I libri grandinano rumorosamente dai piani alti e ci si prepara a fare spazio al nuovo: la carta, ingombro e inutile ricettacolo di pesantezza e noia, vecchiume per topi di biblioteca, viene ammucchiata dentro alle carriole e portata via. È la presunta opposizione tra cultura e piacere lo spunto più interessante offerto fin da subito dal testo del trentennale: un’antinomia perniciosa, radice di molti mali, in se stessa assurda e dannosa ma fortemente propagandata dalle logiche che governano i mercati. Una frattura che si ricompone e si cura (si dovrebbe curare, o almeno combattere) con l’istruzione, cardine della vita civile e fulcro ideale del pensiero politico nel senso più alto del termine: quello che ha come orizzonte un’idea di uomo, la cosa pubblica, il bene comune. Il contrasto e la frizione tra i due poli vengono qui declinati, paradossalmente e significativamente, proprio tra biblioteca e terme, un luogo dalla tradizione antichissima (basti pensare a quelle della Roma imperiale) e dalla connotazione tutt’altro che frivola, monumentale infrastruttura pubblica destinata a funzioni di igiene per tutti i cittadini, luogo di scambio, di affari e di dibattito che spesso ospitava al proprio interno spazi destinati alle arti ed al sapere, tra cui le biblioteche. Un ruolo, quello di struttura polifunzionale tra benessere intrattenimento e socialità, che le terme conservano ancora oggi in altri contesti culturali, ad esempio quello scandinavo, in cui sono il luogo deputato al dibattito politico.
L’inaugurazione del nuovo impianto, qui ad Anghiari, è talmente imminente che il trombaio Ululone (come il rospo, c’è un intero bestiario su questa Tovaglia), l’idraulico toscanamente detto, è già alacremente al lavoro per collegare i tubi che dovranno portare l’acqua alle vasche. È chiaro fin dall’antipasto (Camerieri, avanti con il passato!) che quest’anno la storia cucita intorno alle quattro portate della tradizione è una storia speciale, una sorta di “ultima cena” prima dell’inizio della nuova era ed in essa il cibo dovrà esprimere tutto il suo potenziale di innesco della memoria, di rivitalizzazione del passato (principio sempreverde, quello della Madeleine proustiana). È uno sprint di scrittura che diverte e trascina, capace di ironizzare con levità sui tipi umani, sulla cronaca della Valtiberina, sulla destra e la sinistra italiane. Tuttavia la dicotomia valoriale è netta, senza sfumature. Da un lato ci sono i fautori dello sgombero, dall’assessore al turismo Andrea Presente (lo stereotipo del politico di destra incolto e godereccio, il cognome parlante lo connota come uomo dell’hic et nunc, schiacciato sull’attimo, già la superficie è troppo profonda), principale promotore della Spa, accompagnato dall’amante in paillettes formose, bionda, appariscente e scaltra, la napoletana Jolie Lete (effervescente di nome e di fatto) e il giornalista detto El Civetta, esperto rapace notturno, che sarà apostrofato da Katia (ultima ostessa rimasta in questo futuro di cibo chimico) con un sonoro Quanto a vuoto lei è piuttosto pieno. Sull’altro fronte la gente del paese che si organizza per la resistenza nella persona della giovane ed infiammata, dal sacro fuoco del sapere, Miranda (integralismo della profondità, ma parla solo per frasi fatte, tutte libresche) e l’attivista-maestra Stefania, emblema dell’intellighenzia di sinistra (ha una collezione di striscioni prêt-à-porter nello zaino, uno per ogni argomento, non si sa mai ci fosse un corteo di protesta, uno sciopero della fame o un sit-in all’improvviso). Su tutto aleggia la figura sovrannaturale della Dottoressa Oblio, abito bianco e trucco nero psichedelico da regina della notte, filosofa e guru dalla voce oscura e flautata, una mental coach talmente esclusiva da essere in grado di rimuovere la memoria di tutto ciò che è stato negativo grazie all’esposizione ai vapori dell’acqua del Lete (una rivisitazione dei temi del film Se mi lasci ti cancello). Comunque, nel dubbio, meglio rimuovere la memoria tutta intera. Come ha fatto con Fabrizio, bibliotecario e archivista, punto di riferimento dell’Universitas di Sorci e custode dell’identità collettiva, punk e sdrucito quanto basta per capitanare la setta degli intellettuali. Corale è lo sforzo per recuperare i suoi ricordi, dalla somministrazione degli antichi sapori nei piatti di Katia (i nostri), all’abbecedario post-traumatico, fino alla masticazione dell’inventario stesso dell’archivio. La memoria e l’identità di un individuo, come di una comunità, hanno bisogno di ancorarsi esternamente, in segni, sapori, profumi, parole (La nostra memoria è al di fuori di noi: in un soffio piovoso del tempo, nell’odore della prima esplosione dell’autunno, Proust). Cultura e piacevolezza si incontrano, si sposano e si difendono anche quest’anno dall’oblio, al Castello di Sorci. 30 anni sopra una Tovaglia sono la mostra, allestita al Tempietto del Castello, ed il volume che celebrano ed arricchiscono la ricorrenza. Un libro, per l’appunto, che conserva in immagini e parole la memoria di tre decenni di teatro fatto ad Anghiari dai cittadini stessi.