Pixel, la tv in briciole – Adolescence

Adolescence

Adolescence 1: il già detto

È stata configurata come “una serie di culto” ancor prima di andare in onda. Per la versione in lingua italiana di Adolescence l’esordio di disponibilità in rete data 13 marzo 2025 in contemporanea per tutte le puntate: la proposta è su piattaforma, in abbonamento, di Netflix.

Una delle caratteristiche di fondo, che ne sorreggono lo sviluppo in quattro puntate, è la sua realizzazione con un piano sequenza unico (in ripresa) per ciascun appuntamento; per la rubrica Rf &Tv se n’è parlato sul n. 9/2025 di Rocca – in carta e, per questo sito, in sfoglio nella versione digitale delle pagine – cercando di dirne luci ed ombre, bravure e, data la scelta del linguaggio, anche gli inevitabili limiti sul piano della narrazione scenica.

Adolescence 2: dietro gli eventi

Il piano tematico, dei contenuti e delle problematicità – si parla di un omicidio tra ragazzini: con un lui tredicenne che uccide una lei coetanea – inizia ad essere scavato dalla seconda puntata ed è lo sfondo maggiore, intrecciato, con logiche di significato, allo svolgersi degli eventi: mentre l’indagine di polizia affronta l’ambiente adolescenziale e scolastico si delinea un sommario dei temi interni: le puntate stesse più che quattro si presentano, al netto della matematica, come una, più una, più due. Nell’ambiente scolastico si inanellano incontri, dialoghi, scoperte, manipolazioni in atto, complicazioni familiari/paterne per il titolare dell’inchiesta, che poi scompare, insieme alla medesima, mentre prendono campo gli scenari ‘social’ e ‘sociali’, intrecciati.

Adolescence 3: il quadro d’ambiente 

Esistono situazioni di infelicità adolescenziali – si scopre… Si scopre? – e di disagio che trovano su pagine social espressione e occasione di attrito estremo: relazioni ruvide, antipatie, bullismo e forme d’odio che generano, a specchio col reale, frustrazioni e chiusure quasi settarie. I ‘rifiutati’ dalle ragazze trovano sé stessi brutti, odiano il genere ‘avverso’ si chiudono a riccio tra simili. Sono gli “incel”, celibi involontari, che vengono dileggiati nel mondo pubblico dei social e spettegolati nel mondo fisico della mormorazione. Le gang contrapposte coincidono, per aggregazione, tra la quotidianità digitale e la concretezza quotidiana.

L’isolamento nelle camerette con uno/più schermi si riproduce in mondi di individui che si raggruppano isolati. La comunicazione ridonda di simboli, icone, gift: la contemporaneità simbolica, qui settaria, del geroglifico.

La fiction è tuttavia, e certamente, finzione. Il caso narrato è anche punta estremizzata di ciascuna delle situazioni che ne compongono l’insieme. Ma serve per ragionare su alcuni approdi dell’orizzonte digitale quotidiano che ci è, da decenni, compagnia e ambiente vissuto. L’approdo drammatico della sceneggiatura conduce a ricostruire e a verificare alcune tendenze anche della nostra realtà nazionale; senza imputazione di colpe: ché l’ambivalenza di positivo e negativo nel digitale è struttura e parte dell’ambiente di vita.

Adolescence 4: lo sfondo integratore ‘reale’

Un’indagine italiana condotta nel 2022 per MesIt, la Fondazione per la medicina sociale e l’innovazione tecnologica, annota che tra i 9 ed i 14 anni – e quattordicenni, appunto, sono i protagonisti di Adolescence – il 98% dei ragazzi usa dispositivi informatici ogni giorno (il 62% prima di dormire), e che 57% li preferisce rispetto all’uscire di casa/cameretta; quelli che “si annoiano” quando non li usano sono più dell’80%.

La ricerca a campione, su circa 13.000 genitori, adolescenti e bambini, aggiunge e documenta un quadro d’insieme in cui il 60% dei bambini tra 0 e 4 anni sono intrattenuti dai genitori con l’uso di device (apparati digitali): il 37% li usa in proprio prima del sonno; al 30% dei bimbi il loro uso viene proposto quando sono stanchi o ‘agitati’ e al 41% vengono propinati durante i pasti. Nel gradino superiore di età – 4/9 anni – l’uso per intrattenimento, spesso in autonomia, sale a valori dell’88%.

D’altro canto una mamma su due usa lo smartphone mentre allatta. Ed inoltre il 33% dei bimbi tra i 5 e i 6 anni ha un profilo social – s’immagina gestito dai genitori, comunque questi vengano indicati all’anagrafe – mentre l’83% ‘usa’ il tablet e il 59% parrebbe utilizzare applicazioni di messaggistica. Su quest’ultimo dato ci si deve chiedere se si tratti di una via alla prima alfabetizzazione o di un uso di comunicazione per simboli.

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A distanza di decenni ci si trova infine, anche, a chiedere /chiedersi se i boomers, ora in età da nonna/nonno, abbiano responsabilità – sempre senza voler attribuire colpa alcuna – nell’aver cresciuto ed educato le generazioni degli ‘adesso babbo/mamma’ con dipendenze da schermo archeo/simili agli attuali device. Questi genitori erano davanti all’unico apparato video (allora) domestico – e così si torna alla tv – per non poche ore ogni giorno negli anni Ottanta/Novanta del Novecento: se ne parlò in illo tempore su Rocca e poi con Se non la smetti, ti spengo… per Cittadella Editrice (nel 2001).