Stabile e duratura

mani disegnano il simbolo della pace

Dai palchi e dai giornali, dai salotti delle tivù e dai social, tutti gridano che bisogna ottenere una pace stabile e duratura. Nella Striscia di Gaza come in Cisgiordania e Israele, in Ucraina, in Congo, in Sudan… abbiamo bisogno di una pace stabile e duratura. Anche l’Europa si riarma a suon di miliardi di euro per ottenere o mantenere una pace stabile e duratura. Ma dobbiamo ammettere a noi stessi che se le parole hanno un significato allora dobbiamo valutarne il peso specifico. A quale pace facciamo riferimento? Perché se è quella prodotta dalle armi tutto può essere tranne che una pace stabile e duratura. Se vengono usate, allora diventa guerra (e non pace) destinata inevitabilmente a lasciare dietro di sé una scia di odi e rancori, oltre che morti, distruzione e dolori. Se invece servono – come si dice – come deterrenza, allora costituiscono una minaccia stabile e duratura per gli altri popoli. Diffondono paura e terrore, che è esattamente il contrario della pace stabile e duratura. Per fondare una pace con quelle caratteristiche nacquero le Nazioni Unite con apparati e organismi che dovessero essere in grado di prevenire i conflitti armati e diffondere un clima di cooperazione e fiducia. Tra gli effetti primari (e non secondari) della volontà di armarsi, vi è indiscutibilmente anche quello di indebolire l’Onu e il suo sogno, così come ogni altro tentativo di pervenire a una pace stabile e duratura tramite il dialogo, l’incontro, la diplomazia.