Gaetano Salvemini: la Storia imperfettibile e la Fede democratica

Storia

Salvemini-Torchiani

Francesco Torchiani
Gaetano Salvemini
L’impegno intellettuale e la lotta politica
Carocci Editore, 2025, pp. 340
€ 33

Fautore di un socialismo meridionalista improntato al liberismo economico, l’intellettuale di Molfetta con grande determinazione dedicò la propria vita alla ricerca della soluzione per i secolari problemi del nostro Sud, all’antifascismo, all’aperto antibolscevismo contro alcune posizioni del Partito Socialista cui sarebbe stato legato se non fosse stato per alcune discutibili scelte pre Ventennio e post Seconda Guerra Mondiale. Scelto l’esilio poco dopo l’incendiaria denuncia contro l’istruttoria del Processo Matteotti, pubblicò a Londra nel 1928 “The Fascist Dictatorship”, lucida denuncia delle responsabilità non solo di Mussolini ma anche di una classe dirigente, Re in primis, passata con fetido opportunismo dalla “liberazione dallo straniero” all’ossequio per chi gli avrebbe garantito un Ventennio di ricchezza e di assoluta incolumità rispetto ai propri spavaldi oltraggi ad ogni legge.      

Salvemini fu tra i fondatori del movimento Giustizia e Libertà, nato per iniziativa dei fratelli Rosselli, e della rivista “Unità”, al tempo punto di riferimento per i democratici anticlericali: una volta fuggito dall’Italia fascista alla volta degli USA divenne membro del Dipartimento di Storia all’Università di Harvard, per poi ottenere la cattedra di Storia della Civiltà Italiana e, alla fine del 1940, la cittadinanza statunitense.

Le “Lezioni di Harvard sulle Origini del fascismo in Italia” confermano l’idea di Salvemini che gli insegnamenti del Passato siano il più valido strumento di libera educazione civile, come ricorda il Docente di Storia Contemporanea all’Università di Pavia Francesco Torchiani.

Legato da profonda amicizia, pur con molti dissensi, con un altro grande esule antifascista, don Luigi Sturzo, fondatore del Ppi, fu figura anticonvenzionale della militanza democratica e coraggioso autore di denunce scottanti (celebre il suo “ministro della malavita” per l’ambiguo Giolitti, del quale ancor oggi si vuol parlare come soggetto politico positivo in anni assai tristi della vicenda italiana) e rimase protagonista del dissenso anche dopo il suo rientro in patria quando, ad elezioni democraticamente inaugurate, indicò quel che poi Indro Montanelli avrebbe tradotto nel “turatevi il naso e votate Democrazia Cristiana”, convinto nella necessità storica di avversare pericoli dittatoriali, a quel tempo di marca essenzialmente sovietica. Forse difficile dissentire, ma in quanto a lungimiranza Salvemini mostrò tutti i limiti dettati da complesse vicende personali e familiari, limiti comunque ispirati all’antidogmatismo, alla visione laica della vita, al coraggio del non esser allineati, al profondo amore per il proprio Sud, o meglio per ciò che ne era rimasto. Sono, al riguardo, di particolare interesse le riflessioni dell’Autore sulla complessa biografia e sugli ultimi anni dell’attività dell’intellettuale pugliese circa un’Italia scombinata, “non deluso dalla Repubblica, perché nei suoi confronti ebbe fin dall’inizio aspettative modeste. Gli premeva semmai che la fragile democrazia italiana non venisse spazzata via da una nuova guerra o venisse svuota dai clericali, che per lui assumevano le fattezze di Pio XII e dei Gesuiti”, in nome di un reale riformismo dalle ampie vedute parlamentari, fatta naturalmente eccezione per i comunisti, i papisti, i monarchici ed i neofascisti.

Uomo coraggioso e sincero sino alle ultime parole prima del 6 settembre 1957: “Come sono contento. Sono stato fortunato nella vita, anche nella morte. Non si può fissare il passaggio, è tutta una cosa, non c’è differenza tra la vita e la morte”. Profondamente spirituale, distante dalle superficiali imitazioni di Shakespeare o Nietzsche assai in voga al tempo, questa è l’ultima testimonianza raccolta dalla giornalista Eleanor Roosevelt per il “The New York Post”, parole “di chi moriva sereno, because he had lived and loved and been loved”, come testimonia l’attenta biografia e l’ampia bibliografia a disposizione del lettore. All’ultimo si fanno sempre i conti con ciò che si è dato e ciò che si è ricevuto, soprattutto quando a farlo è un pensatore che visse con forza d’animo e determinazione, un “padre nobile” della Sinistra convinto dell’Evoluzione Possibile dell’Uomo, qualora in grado di operare i corretti emendamenti alle malefatte di una Storia imperfetta e difficilmente perfettibile.