Camineiro
La santità dei corpi e la de-creazione
Di fronte all’ostentazione della potenza di fuoco della guerra che pretende d’essere riconosciuta come legittima, intelligente e persino giusta, ma che è sacrilega e blasfema sui corpi delle persone e li smembra, li offende, li riduce a polvere come fosse una pena da infliggere al di là delle colpe commesse, sentiamo forte l’urgenza di dare un corpo alle parole e ai pensieri di pace.
Abbiamo bisogno di conferire una concretezza alla parola secondo lo stesso etimo del “fare con la creta”, come fa Yahvè nel racconto genesiaco. Questo compito è un imperativo perché le guerre in corso rappresentano esattamente l’antigenesi: de-creano, ovvero distruggono il corpo dell’uomo e della donna che Yahvè ha plasmato con le sue stesse mani. Le mani della guerra, pertanto, pretendono di prendere il posto di quelle di Dio ma non per completarne la creazione, bensì per vanificarla, distruggerla. È una sorta di nastro di registrazione che si riavvolge per fermarsi al nulla, allo schermo scuro, alla parola muta.
Nel discorso di Netanyahu alle Nazioni unite, dove ha tentato di de-creare anche quell’ormai opaco segnale della storia di “darsi delle regole al di sopra di ogni altra regola per regolare la pace mondiale”, la Parola di Dio nella quale crediamo insieme e che noi chiamiamo Primo Testamento, è stata ridotta a cartolina di propaganda. Il premier dello Stato di Israele ha citato Mosè, Salomone e Samuele operando una lettura fondamentalista che servisse come nobile foglia di fico per l’azione di distruzione e di morte che il suo esercito va compiendo in Gaza e in Libano. Da quel podio tanto autorevole Netanyahu si è servito della Parola per ridurla a zerbino della guerra. E così Mosè è stato mostrato come simbolo di leadership e resilienza, Salomone come esempio di saggezza e costruzione e Samuele come giudice e profeta, rappresentante del diritto e della giustizia.
Questi riferimenti servivano a inquadrare la sovranità e l’identità ebraica nella storia biblica e trasferirla tal quale alle attuali congiunture politiche e belliche. Insomma la sete di potere e di morte di quel politico hanno preteso di farsi un Dio a propria immagine e somiglianza, sovvertendo ancora una volta la volontà di quello stesso Dio che ha inteso piuttosto imprimere la propria immagine creatrice nella persona umana. In questo senso Israele sta commettendo il più grave dei peccati che vengono condannati nel Primo Testamento: l’idolatria.
La guerra è il suo moderno vitello d’oro! E per poterlo forgiare, ha bisogno di porre le mani anche su Dio stesso abbassandolo di fatto al rango di idolo. Naturalmente anche dall’altra parte del fronte, Hamas ha bisogno di forzare la stessa operazione mettendo a tacere il Clemente e il Misericordioso e poter urlare Allah Akbar ogni volta che si nega tanto la misericordia quanto la clemenza sottraendo vita alla vita. D’altra parte gridavano “Dio lo vuole” anche i crociati e sulle cinture dei nazisti c’era scritto: “Dio è con noi”. Ognuno con la pretesa di Dio dalla propria parte calpestando il rispetto dei corpi che Egli ha creato.