Non fateci sognare, svegliateci!

Care lettrici e cari lettori, con questo numero azzurro che evoca il cielo e il mare, ci prendiamo, come ogni anno, una piccola pausa benefica e necessaria dal ritmo incalzante di una rivista quindicinale come la nostra che non concede distrazioni, tanto più dentro le dinamiche di un mondo squilibrato come rappresentato nella magistrale copertina di Amaro. Lo facciamo avendo nel nostro cuore Annetta Portoghese e Gino Bulla, che ci hanno appena lasciato e che hanno progettato e servito Rocca per tanti decenni. Due figure che ci hanno insegnato non solo come si fa un giornale ma come farlo in modo bello, sobrio, ragionato. Ci hanno insegnato l’arte della parresia e quella della misura, l’arte di leggere la trama difficile del mondo e quella della quotidiana assunzione delle nostre responsabilità, la capacità di scoprire e denunciare le ingiustizie palesi e soprattutto nascoste, e quella di cogliere i semi di speranza e di coltivarli con passione umana ed evangelica. Ci hanno fatto vedere la necessità e la fatica della competenza e l’amore (fatemi dire per una volta questa parola così spesso abusata) per le donne e gli uomini del nostro tempo, senza di che un giornale come il nostro non sarebbe mai nato e non andrebbe avanti.

Hanno vissuto un’esistenza lunga e operosa, come questa rivista che quest’anno svolta il suo ottantatreesimo anno di vita. Come si sa le difficoltà e gli stenti della carta stampata sono evidenti. La semplificazione della realtà sembra la cifra della comunicazione e della politica. Il linguaggio dell’imbonitura commerciale, la superficialità dei messaggi di consumo, la suggestione dello slogan ben studiato per colpire, la chiacchiera frantumata nella larga messe di notizie gettate addosso al consumatore seriale, tendono a impedire ogni serio approfondimento. Talvolta si è presi dalla sensazione di essere dei sopravvissuti.

Non amo le citazioni ma c’è una profonda considerazione di un grande e difficile pensatore che sostanzialmente dice così: Ogni giorno di più mi convinco dell’importanza del lavoro teorico perché una volta rivoluzionato il mondo delle idee, la realtà non resiste (Hegel).

Perciò ci è piaciuto rubare al grande Altan il titolo di una sua vignetta per questo editoriale: il nostro compito di redattori ed autori di Rocca non è tanto di far sognare ma di svegliare. Continuiamo a credere, infatti, nell’esigenza di una resistenza culturale, nel dovere di alimentare il senso critico, di vedere il mondo anche dalla parte delle radici, di cercar di vivere pienamente il nostro giorno non alla giornata ma con consapevolezza e attenzione. Insomma stare dentro il tempo e, quando ci vuole, contro il tempo. Avendo fede nella possibilità di costruire un mondo più equo, insieme ai tanti operatori di pace e di giustizia e di mantenere aperta, sia pure come piccolo resto, una finestra sull’inaudita promessa che il Signore ci ha chiamato sobriamente a narrare, cercando di non contraddirla del tutto.

Questa Rocca radicalmente laica e ancora così innamorata di Cristo e dell’Evangelo che ci è stata tramandata con poche parole e senza nessuna predica da Annetta e da Gino vuole certo assumere tutte le forme nuove che saranno necessarie ma per l’essenziale rimanere saldamene ancorata al futuro che ci hanno insegnato a vedere dentro le ferite e le feritoie di un presente inquieto e periglioso. Ma che, proprio per questo, non ammette diserzioni. E Rocca ci sarà!

Buona estate e arrivederci a settembre.