Per fare un libro ci vuole un fiore
Tante storie
Per restituire un’idea di “Un libro d’oro e d’argento. Intorno alla Grammatica della fantasia di Gianni Rodari” di Vanessa Roghi (Sellerio, 2024) si potrebbe partire dalla nota bibliografica posta alla fine del volume. Qui l’autrice elenca i libri da cui sono tratte le citazioni nel testo e ne emerge una cornice entro in cui si colloca il saggio rodariano: si va dalle correnti del surrealismo francese di Breton al formalismo russo di Šklovskij, dalla pedagogia sovietica di Makarenko e Vygotskij (è a un suo libro che Rodari dedica l’espressione “d’oro e d’argento” ripresa da Roghi per intitolare il saggio) a quella italiana di Ada Gobetti, Loris Malaguzzi, don Milani, Mario Lodi e il Movimento di Cooperazione Educativa; gli studi di linguistica di Tullio De Mauro; la poesia e l’arte di Andrea Zanzotto, Bertolt Brecht e Bruno Munari; fino agli intellettuali come Gramsci e Collodi cui Rodari si ispira e quelli con cui interloquisce come Eco, Natalia Ginzburg e Italo Calvino.
Già nel 2020, in occasione del centenario della nascita di Rodari (e quarantennale della prematura scomparsa), Roghi aveva pubblicato con Laterza “Lezioni di Fantastica. Storia di Gianni Rodari”. In quel testo l’autrice riusciva a restituire lo spessore della figura rodariana: un intellettuale di primo piano nell’Italia del Novecento e non per ciò che fece oltre alla letteratura per ragazzi, ma precipuamente per quello che fu il suo principale campo di produzione letteraria: i racconti, le poesie e le filastrocche.
In “Un libro d’oro e d’argento” Roghi si concentra sul più importante saggio di Rodari: la “Grammatica della fantasia”, uscito con Einaudi nel 1973. Messo a confronto con le “Lezioni americane” di Calvino, il libro di Rodari evidenzia tutta la diversità delle due figure intellettuali: se quello di Calvino è un saggio in cui i saperi elevano la figura dello scrittore al di sopra di chi legge, Rodari con la Grammatica vuole fornire a insegnanti ed educatori alcuni ferri del mestiere (il binomio fantastico, il sasso nello stagno, cosa succederebbe se…, l’insalata di favole, ecc.) da utilizzare nel quotidiano. Il motto di Rodari nella Grammatica è di restituire tutti gli usi della parola a tutti, non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo
La genesi dell’opera è raccontata dallo stesso Rodari nell’Antefatto posto a inizio volume e anche Roghi sceglie di utilizzare tale dicitura per il suo saggio. L’epifania per Rodari, neanche diciottenne, scaturì dai versi di Novalis che parlano di Fantastica come chiave dell’arte di inventare. Appena diplomato alle magistrali e particolarmente portato per le lingue, Rodari ebbe modo di leggerli in originale alla fine del 1937 nella biblioteca di una famiglia ebrea tedesca che per pochi mesi si illuse di poter trovare rifugio in Italia in fuga dalle persecuzioni naziste. Interrotta quell’esperienza, per qualche anno Rodari fu maestro di scuola, pur non riportando di quell’esperienza un giudizio entusiasta: gli studi magistrali e l’insegnamento erano dovuti essenzialmente all’essere rimasto orfano di padre a soli nove anni e doversi procurare un lavoro. Di quell’esperienza Rodari riportò un quaderno di appunti, annotando ciò che avrebbe voluto cambiare nella scuola, che poi contribuiranno alla stesura della Grammatica.
La guerra e la scelta di campo comunista segnarono il futuro di Rodari che abbandonò l’insegnamento per dedicarsi al giornalismo. È in questo campo che abbastanza casualmente ricominciò ad occuparsi di infanzia, questa volta nelle vesti di scrittore: dapprima con una rubrica su L’Unità, poi alla direzione de “Il Pioniere”, giornale dello scoutismo comunista in allegato all’organo del Partito. Nel 1951 pubblicò “Le avventure di Cipollino”, il primo di una serie di grandi successi di letteratura per l’infanzia, che nel giro di pochi anni, a partire dal 1960, lo portarono a entrare stabilmente nel gruppo di autori pubblicati da Einaudi nella prestigiosa collana degli Struzzi.
Alla fine degli anni ’50, pur rimanendo ancora nel campo del giornalismo (comunista), Rodari passò dall’Unità a Paese sera, dove si respirava un clima di maggior libertà, anche perché negli anni precedenti aveva avuto modo di polemizzare sulle pagine di Rinascita con Iotti e Togliatti a proposito dei fumetti che i leader del partito consideravano un cavallo di Troia degli USA, mentre il nostro guardava con attenzione quale linguaggio da esplorare e riempire di contenuti progressisti. È proprio su Paese Sera che agli inizi degli anni ’60 pubblicò a puntate quella che può essere considerata una prima bozza della Grammatica della fantasia, intitolandola “Manuale per inventare favole”.
L’attenzione per la scuola rimase una costante per Rodari: collaborò e poi diresse il Giornale dei genitori, subentrando ad Ada Gobetti, morta nel 1968; esperienza che ebbe una continuità a metà degli anni ’70 con la fondazione del Coordinamento dei genitori democratici insieme alla ex-partigiana Marisa Musu. Ma il vero catalizzatore per la stesura della Grammatica della fantasia fu la cinque-giorni intitolata “Incontri con la fantastica” organizzata da Loris Malaguzzi, artefice degli asili nido e scuole di infanzia che ispirarono tutto il mondo, a Reggio Emilia nel marzo del 1972. Rodari in quell’occasione ebbe modo di incontrare per una settimana insegnanti delle scuole di Modena e Reggio che il giorno successivo riportavano in classe quanto discusso, per poi a loro volta riferire al convegno come era andata. Fu una sessione formativa straordinaria e dalle trascrizioni di quegli incontri prese vita la Grammatica della fantasia, non a caso dedicata da Rodari alla città di Reggio Emilia.
Il libro di Roghi nei capitoli successivi analizza diversi aspetti del libro di Rodari, anticipando in un breve corsivo quel che ciascun capitolo va a trattare. Il saggio tenta di tessere una fitta tela di richiami e rimandi della Grammatica della fantasia con autori e campi del sapere, spaziando dall’epoca di Rodari all’oggi. Particolarmente originali nell’analisi di Roghi alcuni punti. Il primo è l’attenzione dedicata alla sensibilità ecologica di Rodari, un aspetto che merita di essere ulteriormente approfondito per la sua stringente attualità: un’ecologia, quella rodariana, che oltre a mostrare un’attenzione verso i temi ambientali riguarda l’ecologia delle comunicazioni. L’altro punto trattato da Roghi che si segnala per originalità è lo sforzo di Rodari di tenere insieme le cosiddette due culture, umanistica e scientifica, in un campo come quello della fantastica che rischia talvolta di eccedere in maniera unidirezionale in un verso o nell’altro e che in Rodari, invece, punta a valorizzare il contenuto scientifico attraverso la forma del gioco, mostrando anche qui una straordinaria capacità di anticipare istanze ancora oggi all’ordine del giorno.