Dimmi come parli

Illustrazione di Dianella Fabbri

O SIGNORE, chi dimorerà nella tua tenda?

Chi abiterà sul tuo

santo monte?

Colui che è puro e agisce con giustizia,

e dice la verità come

l’ha nel cuore;

che non calunnia con

la sua lingua,

né fa male alcuno al

suo vicino,

né insulta il suo prossimo.

Chi agisce così non

sarà mai smosso.

(Salmo 15)

Lidia: dopo le parole dello stolto (Salmo 14), giungono ai nostri orecchi le parole del giusto. Non le sentiamo, però, dalla sua stessa bocca. Sarebbe una crepa strutturale, di quelle che fanno temere a proposito della solidità del muro. Chi si loda, s’imbroda! La voce narrante non è quella dell’interessato ma di un altro, probabilmente una persona posta alla porta del Tempio per ricordare a chi desidera entrare le condizioni necessarie per accedervi. Requisiti che non accennano a magliette scollate o pantaloncini troppo corti! Niente a che vedere con le norme di decoro esterno. Qui ciò che conta è la postura esistenziale, l’agire e soprattutto il parlare.

Angelo: prima di affrontare le condizioni di accessibilità al Tempio, mi colpisce il modo con cui viene nominato il santuario: «chi dimorerà nella tua tenda? Chi abiterà sul tuo santo monte?». Una tenda ed un monte! Certo, il riferimento è, prima, al passato, al periodo che precede la costruzione del Tempio, quando il luogo sacro era costituito dalla tenda dell’incontro; e, poi, al monte Sion, su cui è stato eretto il santuario. Ma un salmo non è mai riducibile a semplice documento, che fornisce informazioni sulla storia. Un salmo è fatto della materia della poesia; il suo linguaggio è simbolico. Come non notare che il luogo dell’incontro con Dio ha la mobilità della tenda e la stabilità della montagna? I credenti sono quelli della via, che posa[1]no il loro piede sulla roccia! L’incontro con Dio è esperienza del paradosso.

Lidia: non bisogna dimenticare questa chiave iniziale. Perché il seguito del Salmo sembra fatto della materia della roccia: delinea una persona solida, tutta d’un pezzo. Ma l’accenno alla tenda ci ricorda che la coerenza di una vita si gioca in una storia sempre mutevole, che ci fa accampare in territori ogni volta differenti. Aggiungerei che questa indicazione paradossale viene confermata dai tempi dei verbi. L’inizio e la conclusione del Salmo sono al futuro; mentre il corpo centrale, la descrizione del credente degno di accedere al Tempio, è al presente. Il futuro di un incontro con Dio, rispetto al quale è necessario un cammino. Ed il presente di una vita che decide una sua propria forma etica e le dà corpo. Le parole conclusive – «non sarà mai smosso» – indicano un’esperienza futura, risultato di un procedere che attraversa stagioni differenti e affronta sfide sempre mutevoli.

Angelo: con queste precisazioni, più che un ritratto a tutto tondo di un credente tutto d’un pezzo, ci troviamo a misurarci con le indicazioni di una bussola etica, il cui nord sta nell’aggettivo «puro». Da intendersi non in senso moralistico, di solito usato per mettere in guardia da comportamenti sessuali problematici. «Puro», nel linguaggio delle Scritture, significa «unificato». Va inteso come a proposito dell’oro: non mischiato ad altro materiale. La posta in gioco è una vita unificata che, a fronte di un’esperienza dispersa, fatta di tante situazioni, prova a tessere un filo rosso, a mostrare una forma propria, che connota ogni pensiero, parola e gesto. Il salmista, però, insiste soprattutto sul parlare. È questione di dire la verità, di non calunniare, né ingannare, di non tradire la parola giurata. Come dire: la battaglia principale si svolge sul terreno della lingua.

Lidia: all’altro capo della Bibbia, sarà l’apostolo Giacomo a mettere in guardia sui danni commessi dalla lingua. Forse, noi abbiamo un po’ sottovalutato il potere della parola. Abbiamo lasciato agire parole cattive, in nome dell’ironia – ma si tratta, sovente, di sarcasmo irresponsabile. Chi cerca di abitare la terra con fede deve coltivare un’etica della comunicazione che metta da parte l’uso aggressivo delle parole. Non è questione di semplice gentilezza: è la condizione di possibilità per poter incontrare Dio.